Domenica, 16 Giugno 2024


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Intervento dell’On. Alessandro Pagano, già membro della Camera dei Deputati della Repubblica italiana, esperto di geopolitica, sulla “Questione Ucraina”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Intervento dell’On. Alessandro Pagano, già membro della Camera dei Deputati della Repubblica italiana, esperto di geopolitica, sulla “Questione Ucraina”.


Per comprendere le cause che hanno determinato l’invasione in Ucraina e i successivi problemi che si stanno vivendo ritengo utile inquadrare il problema partendo da lontano.

E precisamente dalla “globalizzazione”, che altro in pratica a fronte di nobili motivazioni di facciata, niente altro ebbe come significato, se non la volontà di “massimizzare” i profitti del sistema politico economico degli USA.

Con la fine della guerra fredda e precisamente dal giorno in cui venne ammainata la bandiera rossa dell’Unione Sovietica dal Cremlino, il mondo, che prima era diviso in due blocchi, cominciò a ragionare in maniera “unipolare”.

Ovvero, gli Stati Uniti d’America diventando l’unica superpotenza del pianeta, si interrogava sulle strategie e gli scenari del mondo nei successivi 30/50 anni. Nei fatti questa domanda nasce nel 1991 e trova risposte finali proprio in questi tempi attuali, anche se non tutte le risposte, sono state pari alle attese degli USA.

Ciò significa che la globalizzazione ha fallito in quanto nata su un principio: l’America non aveva più avversari, le potenze regionali erano tali e quindi non la impensierivano e gli Americani che erano rimasti gli unici attori globali sulla scena del mondo decisero di approfittarne, con una assoluta massimizzazione dei profitti economici e politici del loro sistema.

Hanno fatto però due o tre cose, che sono risultate tutt’altro che positive.

Una di queste è stata la “delocalizzazione industriale”, scelta politica arrivata per abbassare il costo del lavoro mediante il trasferimento di intere filiere industriali in Cina, cosa che di fatto ha ucciso il sistema produttivo manifatturiero e a cascata anche il ceto medio americano.

Ma ancora peggio fu aver depotenziato la “Sherman Act”, cioè la legge che, sin dal 1911 non consentiva la nascita di monopoli. Con questa decisione politica sono state fatte crescere a dismisura compagnie private ritenute strategiche per il Pentagono e per la Casa Bianca e che però adesso sono diventate “dominanti”.

Altro errore è stato aver fatto diventare il Dollaro lo strumento              privilegiato    per alimentare la crescita.

Questo, in linea di principio, è legittimo perché ognuno fa i propri interessi, però il problema è che il Dollaro in questi anni è diventato non più soltanto un elemento di crescita finanziaria ma una vera e propria arma e ciò non poteva non creare reazioni da parte degli altri Paesi.

Molte Nazioni hanno capito sulla loro pelle che il monopolio del Dollaro, produceva solo esclusivamente danni a loro e portava vantaggi agli Stati Uniti. Da qui, pian piano è iniziata una specie di ribellione, che dura ormai da qualche anno e che ultimamente, è letteralmente esplosa, al punto che molti Paesi hanno cominciato a fare transazioni commerciali con le loro valute e non più in Dollari USA.

Entrando ancor più nel dettaglio dunque chiediamoci quale sia il nesso con l’invasione.

L’invasione, come viene definita dal mainstream, non ci sarebbe mai stata se fossero stati mantenuti gli impegni degli accordi di Minsk del 2014, fra Russia e Ucraina e sottoscritti per garanzia da Francia e Germania.

Nel 2014, l’Ucraina aveva preso l’impegno, verso la Russia, di adottare provvedimenti utili ad assicurare l’Autonomia in favore delle popolazioni russofone del Donbass e che però mai ha mantenuto.

Per fare un esempio comprensibile a tutti, è come se l’Italia avesse preso impegni dopo il 2° conflitto mondiale per garantire l’Autonomia alle popolazioni del Trentino Alto Adige, altrimenti definito Sud Tirolo, e mai li avesse mantenuti.

Orbene, l’Ucraina, non solo è stata inadempiente, ma è andata oltre giacché ha realizzato dal 2014 una politica di sistematica pulizia etnica verso le popolazioni del Donbass con 14.000 (avete letto bene, quattordicimila) persone assassinate.

Questo fatto ormai è incontrovertibile da quando anche gli ex Presidenti di Germania e Francia, Angela Merkel e Francois Hollande, hanno dichiarato testualmente che gli accordi erano farlocchi e servivano solo a guadagnare tempo all’Ucraina per prepararsi al conflitto da loro stessi provocato, anche attraverso le provocazioni dei genocidi sopra descritti.

Ecco perché tecnicamente, i Russi dicono che il 24 febbraio 2022 non fecero una invasione ma, una “operazione militare speciale” tesa a difendere le popolazioni russofone in territorio ucraino, dal genocidio.

Come anche il Centro Studi Livatino ha avuto modo di scrivere il 16.06.2023 a firma Pietro Dubolino, la Russia ha certamente fatto un atto di aggressione, ma esso non è stato come quello che per esempio fece Saddam Hussein nel 1991, che invase il Kuwait senza giustificazioni. Semmai la Russia è equiparabile a quel proprietario che “invade” un immobile per rientrarne nel suo possesso per gravi inadempienze del contraente.

Stante le inadempienze della controparte, insomma, se reato c’è stato, esso è configurabile quale “esercizio arbitrario delle proprie ragioni”. In altre parole è indiscutibile l’aggressione, ma sono altrettanto indiscutibili le ragioni dei russi!

Un discorso a parte meritano le sanzioni di USA e EU ai danni della Federazione Russa. La domanda che bisogna porsi è: le sanzioni ai danni della Russia sono state realmente efficaci?  Guardiamo le statistiche e giudichiamo.

I Paesi che hanno avuto la maggior crescita economica dal 2001 al 2021 sono stati la Cina e al secondo posto la Russia, quindi non ci sono dubbi che le sanzioni volute dagli USA  ai danni di quest’ultimi dal 2014,  non hanno scalfito l’economia russa.

Addirittura la Russia nel 2022 ha aumentato l’esportazione di merci a 591,5 miliardi di $, classificandosi al decimo posto tra i maggiori esportatori al mondo. Aggiungo che la crescita non è stata solo economica, ma anche finanziaria, a giudicare dai grossi stock di oro accumulati dalla Banca Centrale Russa e dal rafforzamento enorme del Rublo, come mai si era registrato nella storia recente.

La Russia è cresciuta enormemente perché ha creato le condizioni per quel fenomeno socio economico che viene chiamato “autarchia”, ossia: se tu non mi dai un prodotto, io me lo produco da solo e non solo divento autosufficiente, ma aumento anche il mio PIL.

I russi si sanno governare bene proprio nelle difficoltà più estreme, aiutati dal fatto che sono temprati umanamente da condizioni climatiche avverse per gran parte dell’anno, oltre che da una loro storia, che mai è stata facile.

I paesi esportatori sono stati i primi ad essere danneggiati da tali sanzioni.

L’Italia per esempio, nonostante l’attuale interscambio ottimo, prima esportava in Russia decine di miliardi di dollari di beni e servizi in più, che oggi non esporta.

I russi, in buona sostanza, hanno sostituito le importazioni con prodotti comprati da altre parti del mondo, magari di qualità inferiore, ma certamente utili alla loro sopravvivenza e a creare business con nuovi partner. Mentre le loro esportazioni (soprattutto energia), che prima erano destinate a noi, adesso vengono vendute a Paesi emergenti, magari pure nella loro valuta (India docet!). Oppure, peggio ancora, adesso la vendono sempre all’Occidente, ma sotto mentite spoglie, nel senso che utilizzano “hub” internazionali di Paesi loro amici che lucrano sulla compravendita (Turchia e Algeria docet!).

Non c’è alcun dubbio che la Russia stia facendo grandi affari e averli sottovalutati da un punto di vista finanziario e diplomatico, è stata una grave negligenza dell’Amministrazione Biden.

Insomma, i dati sono assolutamente incontrovertibili, le sanzioni non hanno prodotto nessun danno alla Russia, semmai hanno prodotto danni ai paesi esportatori e importatori della Russia, in primis Germania e Italia.

Ad oggi, persistendo il conflitto in Ucraina, la proiezione futura è indirizzata verso un non facile epilogo. Per la gran parte degli analisti, anche a giudicare dai semifallimenti della controffensiva annunciata da Zelensky, la partita in Ucraina sembra già finita; nel senso che la Russia ha vinto militarmente, ottenendo quello che voleva sin dall’inizio, ovvero le regioni russofone del Donbass, fra l’altro utili a proteggere a nord la strategica Crimea.

Secondo il mio modesto parere, alla Russia non interessa altro, cioè non ha alcun interesse a fare guerre per gestire territori che sono culturalmente lontani, se non ostili alla Russia stessa. Il loro interesse si ferma dove finiscono le popolazioni filorusse, quindi se c’è ancora un interesse militare forse c’è solo per la regione di Odessa.

Il tema invece è un altro: USA e NATO vogliono davvero la pace? O sono convinti che la Russia si stia logorando?

Dico questo perché i segnali vanno nella direzione di una “guerra mondiale a pezzi”, per dirla come Papa Francesco. Le prove che mi fanno dire questo sono tutte arrivate negli ultimi 30 giorni:

-         il 30 maggio, giorno della sua visita a Roma, Zelensky ha detto personalmente “NO” alla proposta di mediazione di Papa Francesco;

-      la settimana successiva, Zelensky ha rifiutato anche il piano di pace proposto dalla Cina;

-         nei giorni scorsi infine, le tensioni in territorio serbo, scatenate da popolazioni kosovare (controllate dalla NATO), hanno fatto alzare l’asticella di un possibile nuovo conflitto contro la Serbia, guarda caso, alleato storico della Russia;

-         il 7 giugno, Mario Draghi al MIT di Boston ha dichiarato: «Europa e Stati Uniti devono «garantire la sconfitta della Russia», «non ci sono alternative», perché una vittoria della Russia «demolirebbe l'Unione europea». (…) «Accettare una vittoria russa o un pareggio confuso indebolirebbe fatalmente altri Stati confinanti e manderebbe un messaggio che l'Ue è pronta a scendere a compromessi su ciò che rappresenta, su ciò che è».

-         Mons. Zuppi, emissario del Papa alla ricerca della pace ha visitato Ucraina e Russia. Queste le dichiarazioni ufficiali di Ucraina e Russia alla fine dei due giorni:

1)    “Andriy Yermak, capo ufficio presidenziale ucraino e braccio destro di Zelensky, <>.

2)    Peskov che è il portavoce del Cremlino, si pronuncia così: la Russia esprime <>.

-         Il Presidente dell’Ungheria Orban, ha fatto una dichiarazione pesantissima contro Zelensky & Co.  Ha detto che non sarà più soldi all’Ucraina perché quest’ultima non ha mai dato riscontro di cosa ha fatto dei 70 miliardi cash ricevuti in un anno e mezzo circa, dalla Ue.

-         Max Blumenthal, giornalista e blogger d’inchiesta americano, al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: “perché lo stiamo facendo? Perché tentiamo l'annientamento nucleare del mondo inondando l'Ucraina di armi moderne e sabotando i negoziati di pace? I cimiteri militari in Ucraina si stanno espandendo quasi alla stessa velocità delle ville e delle tenute sulla spiaggia della Virginia settentrionale dei dirigenti della Lockheed Martin della Raytheon e di vari altri appaltatori    della Beltway, beneficiando del secondo più alto livello di spesa militare dalla seconda guerra mondiale. Questi sono i veri vincitori della guerra per procura degli USA in Ucraina, non i civili ucraini, americani o russi, o europei. Mentre gli uomini ucraini vengono rapiti dalle strade dalla polizia militare ucraina e inviati in prima linea, gli architetti di questa guerra per procura collegati finanziariamente e politicamente pianificano di passare attraverso la porta girevole per raccogliere profitti inimmaginabili una   volta terminato il loro periodo nell'amministrazione Biden. Per loro, una soluzione negoziata di questa disputa territoriale significa la fine della vacca da mungere di quasi 150 miliardi di dollari assegnata all'Ucraina”.

-         Anche il candidato alla Casa Bianca Robert Fitzgerald Kennedy Junior, si è espresso con modalità identiche durante il discorso svolto in occasione dell’anniversario della festa nazionale degli Stati Uniti. Un discorso tutto improntato contro la guerra in Ucraina e il potere dell’industria bellica americana che, per l’appunto non vuole mettere la parola fine alla guerra.

Secondo il parere di tutti gli osservatori indipendenti questo significa una cosa sola: guerra!

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