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Pupari si…nasce

(Tratto da "Il Carabiniere n° 12 - Dicembre 2005") - Incontro con il maestro palermitani Mimmo Cuticchio, ultimo erede di una famiglia interprete eccellente di questa antichissima tradizione

Un Pinocchio ciondola malinconico dalla parete, accanto fa bella mostra di sé un Paladino di Francia dall'armatura lucente. Un tavolo da lavoro in legno grezzo troneggia nella stanza; si respira l'aria dell'antico mestiere dell'"oprante". Un'arte sapiente, praticata ormai da poche famiglie storielle, quella dei "pupari", che in questo mestiere mettono tutta la loro energia e voglia di non arrendersi. Siamo nella Bottega del maestro Mimmo, esponente di una delle famiglie più famose di pupari palermitani: i Cuticchio, in via Bara all'Olivella, nel cuore del centro storico di Palermo.

Nel grande laboratorio regna un'ordinata confusione; tutt'intorno ritagli di pupi, forbici da lavoro, colori, ed il famoso piano a cilindro, quello con cui s'usava e si usa accompagnare le gesta dei pupi sulla scena. «Sono cresciuto con i pupi», ci dice Mimmo, piccolo ho respirato l'aria dell'"Opra", delle geste epiche, e intagliatori, fabbri con arnesi vari, fanno parte della mia memoria, per gioco ed un po' per dovere, grazie a mio padre (il famoso Giacomo Cuticchio ndr) appreso l'arte del puparo».

Ma chi è un puparo? «È un Cuticchio, «ma anche un artigiano che sa lavorare il legno, lo dipinge, cuce i vestiti e soprattutto deve saper comunicare la parola, la gestualità, non in prima persona con il suo doppio». Oggi che sono rimaste solo poche "famiglie di pupari" «non ancora rassegnate», prosegue il Maestro, «abbiamo pensato di creare una scuola, perché continui ad esserci memoria e tradizione di questo mestiere. E nel '97 è nata la prima Scuola per pupari».

Anche le Istituzioni si stanno muovendo. L'Unesco ha inserito tra i beni da tutelare come Patrimonio dell’Umanità il Teatro del No giapponese e i Pupi siciliani. Dal suo canto, l’Assessore Regionale ai Beni Culturali della Sicilia, onorevole Alessandro Pagano, ha istituito un registro dove inserire quell'immenso patrimonio di beni immateriali, come li chiamano in Francia,fatto di saperi, letteratura orale, tradizioni, danze, tra cui il Teatro dei Pupi siciliani.

Il cammino di Mimmo Cuticchio è stato lungo e faticoso. Prima l'apprendistato con il padre, dato quasi per scontato, successivamente il trasferimento a Parigi dove dirige un teatrino dei Pupi al Boulevard St. Michael, nel quartiere latino. Ed è lì che inizia a sperimentare canovacci nuovi, a conferma che attraverso una tradizione millenaria si può pervenire a forme di arte, di "Opra dei pupi", in sintonia con i tempi ed il contesto culturale.

È questo che fa Mimmo Cuticchio. Da un lato porta avanti la tradizione, così mette in scena i Testi Sacri, La Passione di Cristo, il Vangelo e, proprio come suo padre, scrive i canovacci seguendo quella tradizione, ma fa dire ai pupi parole che sono metafore, e quindi il "flagello di Gesù" diviene il flagello dei "poveri cristi di oggi". La contemporaneità accanto al rispetto dei codici della tradizione è la peculiarità dell'arte di Cuticchio, oltre ad una particolare gestualità, retaggio di un'antica esperienza fatta a Roma, nel campo cinematografico, dove tra l'altro ha studiato dizione e recitazione. Nel frattempo, grazie al suo impegno, nasce l'associazione "Figli d'arte Cuticchio" e prende il via la Macchina dei Sogni, un festival (della durata di un intero mese dove tra spettacoli, mostre, convegni, si fa il punto sui Pupi ed il Teatro dei Pupi. «Oggi», ci dice l'artista, «non esiste più la differenziazione di pubblico. Il Teatro dei Pupi è divenuto internazionale; abbiamo un pubblico fatto da grandi e piccini, classi sociali diverse e soprattutto facciamo spettacoli in tutto il mondo. A chi vuole fare il puparo», prosegue l'artista, «dico che bisogna avere una grande passione per le marionette e la capacità di esprimersi».

E per chi ama questo mondo e vuole restare nei sogni e un po' bambino ricordiamo che a Palermo esiste il Museo Internazionale della Marionetta, dove sono esposti cartelloni da scena, oggetti vari ed i Pupi, che comunque, per avere il loro valore mediatico, devono essere vivi, intessuti della linfa vitale data dall'uomo.

Rita Cajani

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