Giovedì, 16 Maggio 2024


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Il Crepuscolo dei Valori

Negli ultimi mesi le tre notizie più eclatanti sono state il tentativo di eliminare Eluana Englaro, le olimpiadi di Pechino, e la guerra russo-georgiana; esiste un nesso, una chiave di lettura comune tra vicende apparentemente così distanti tra loro? Io credo di si: tutte e tre ci parlano di cosa sta diventando l’Occidente.

La guerra-lampo che Putin ha scatenato contro la Georgia era nell’aria da tempo, e l’avvio delle olimpiadi ha fornito l’occasione giusta per sferrare il colpo mentre il resto del mondo era distratto. Ad onor del vero, è stato il presidente georgiano ad accendere la miccia, forse contando su un appoggio più forte da parte degli Stati Uniti, o su una reazione meno violenta del Grande Orso eurasiatico; sicuramente, ha fatto male i suoi conti. Mosca ha così trovato l’occasione che cercava da tempo, per chiarire a tutti che l’ex impero non tollererà altre sottrazioni; inoltre, ha gettato un’ulteriore pesante ipoteca sul grande gioco politico-strategico dell’energia. Insomma, una classica guerra imperialista, motivata anche da ragioni etniche (Abkazia e Ossezia sono regioni con popolazione a maggioranza russa), ma più in profondità mossa dal gas e dal petrolio. A parte le reazioni scontate delle cancellerie, qual è stata la reazione internazionale, ed in particolare europea? Nulla.

Niente proclami indignati, niente marce multicolori, niente veglie di preghiera, niente bandiere arcobaleno. Sappiamo da tempo che la galassia pacifista soffre di strabismo congenito, e di letargia selettiva: si attiva solo se in un conflitto sono coinvolti gli USA, o almeno gli europei; tuttavia, fa impressione dover constatare che, al di là delle meschinità dei ‘pacifinti’, la legge della giungla viene tranquillamente accettata da tutti: è logico, naturale, e quindi ‘giusto’ che il più forte prevalga sul più debole, in questo caso senza neanche un minimo di attenzione e tutela per le popolazioni civili. Le uniche voci significative che si sono levate a difesa dei diritti dei deboli, sono state non a caso quelle di papa Benedetto XVI e del patriarca di Costantinopoli - ma non quella del patriarca russo: purtroppo, la storia insegna che chi non ha voluto obbedire a Pietro, ha finito sempre per sottomettersi a Cesare.

Anche nel caso delle olimpiadi abbiamo assistito al trionfo del menefreghismo: i presunti grandi valori dello sport (ma quali sarebbero, poi?) si sono scontrati con i ben più scomodi diritti umani, ed hanno facilmente trionfato, in un delirio di retorica. Anche qui, non fa specie che gli atleti, come quasi tutti i professionisti, tendano ad anteporre il loro lavoro (ed i loro lauti guadagni) alle eteree aspirazioni degli idealisti; è piuttosto il sentire della gente comune, ben rappresentata dalla sua proiezione televisiva e massmediatica, che lascia interdetti. La contestazione più diffusa - e più banale - suonava così: è compito dei politici, mica degli sportivi, occuparsi di diritti umani e boicottaggi conseguenti - come dire: se la gratti Berlusconi, ‘che io c’ho i giochi da guardare! C’è qualcosa di infantile in questo atteggiamento, come quando dici ai tuoi figli di apparecchiare la tavola e loro ti rispondono: "Ma non tocca a me, tocca a lui …". Peraltro, anche giornalisti affermati ghirigoravano sulla presunta ipocrisia delle nazioni che con la Cina commerciano (si sa che per certa cultura il commercio è un crimine analogo alla pedofilia) e poi pretendono che la purezza dell’ideale olimpico venga turbata dalla questione dei diritti umani. Nessuno pareva notare il paradosso per cui si attribuiva a governi democratici - che quindi dovrebbero rispecchiare il volere comune - il dovere di agire in contrasto proprio con le opinioni prevalenti dei loro cittadini! Al contrario, mentre gli Stati non possono che adeguarsi alle regole del bon-ton diplomatico, e dunque calibrare ogni passo ed ogni parola; sono invece proprio i cittadini, come singoli individui o come associazioni, che dovrebbero sentire l’urgenza e la necessità di proclamare forte e chiaro il paradigma ideale cui le istituzioni devono adeguarsi. Certo, un paradigma ideale, prima di proclamarlo, bisogna averlo; e il vero problema è proprio questo: l’Occidente, impegnato da secoli a demolire la propria identità cristiana, un substrato di valori condivisi non ce l’ha più.

Ecco come si arriva alla mostruosità di un ordinamento giuridico che, invece di tutelare la vita (e quindi tutti gli altri diritti della persona) ne dispone la soppressione, e non come estrema pena per crimini nefandi, ma per soddisfare un padre che si batte da anni per far morire legalmente sua figlia. D’altronde, quando il consiglio d’europa (le minuscole sono assolutamente volute!) proclama solennemente che l’aborto non è più una disgraziata emergenza, e neanche soltanto un comodo metodo di controllo delle nascite, ma addirittura un DIRITTO - il diritto di una madre ad uccidere suo figlio -, ecco, siamo arrivati al fondo; siamo tornati ai sacrifici umani, al diritto del più forte di eliminare il più debole, al paganesimo, alla superstizione (lo sapete, vero, perché le olimpiadi cinesi sono iniziate alle 8 di sera dell’8/8/2008?), e infine all’idolatria di quella che poeticamente chiamiamo Madre Natura, ma che nei millenni passati - a differenza del Padre Santo che è nei cieli - non ha mai dato segno di curarsi minimamente dei figli dell’Uomo.

Pietro Castaglieri

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