Mercoledì, 04 Dicembre 2024


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Intervento dell'On. Alessandro Pagano nell'incontro "CRISI, OCCASIONE PER UN NUOVO WELFARE"

ALESSANDRO PAGANO, Deputato del PDL.
Dal 42° rapporto del CENSIS è emerso che l’Italia è riuscita a proteggersi dalla crisi grazie a tre fattori: risparmio, casa, famiglia.

Per quanto riguarda la famiglia è accaduto che questo microwelfare ha consentito di ben utilizzare le proprie risorse interne.

A titolo esemplificativo, la pensione del nonno è servita a sopperire alle difficoltà occupazionali dei genitori o, comunque, fenomeni similari di interscambio e protezione economica fra i singoli componenti ha consentito di portare avanti il progetto economico familiare.

Partendo da questa considerazione, cioè che la famiglia è il vero e insostituibile ammortizzatore sociale spontaneo, risulta palese che dobbiamo cominciare a rivedere i termini delle politiche familiari stricto sensu. L’intervento precedente ha mirabilmente condotto un’analisi sociologica sulle nuove povertà, ma sarebbe ancor più interessante studiare statisticamente quanti di questi disagi economici delle famiglie derivino dalle separazioni coniugali.

Sulla scia di quanto sta capitando nei Paesi scandinavi, dove le considerazioni sull’impatto disastroso che hanno i divorzi sul sistema sociale hanno indotto quei legislatori ad operare una stretta sulle politiche familiari, suggerisco di rivisitare le nostre politiche relative alla famiglia. Lo dico non da un punto di vista etico – non è questa la sede – bensì da un punto di vista economico. I nuovi poveri oggi sono quelli che devono mantenere più famiglie, infatti un conto è avere un nucleo familiare concentrato che si sostiene su redditi cumulati, altra cosa è per un lavoratore dover provvedere, con un reddito unico, al sostentamento di due nuclei, di due case, oltre che a tutte le spese che raddoppiano.

Ancora, con riferimento alle politiche di aggregazione familiare, mi permetto di formulare questa considerazione: la figura dei nonni è importante sotto il profilo affettivo, ciò è dimostrato. Il CENSIS però aggiunge che lo è anche sotto il profilo economico perché essi contribuiscono spesso a sostenere i bilanci familiari. Suggerisco allora di provare a portare avanti una politica per favorire l’aggregazione dei familiari più anziani.

Ritornando, invece, sull’argomento trasporti, anch’esso oggetto di disamina nelle relazioni, è interessante, e francamente anche sorprendente, il dato riportato. I trasporti incidono, nel contesto che è stato oggetto di disamina e di studio, tra il 26 e il 30% del bilancio familiare. È un dato incredibile da cui si deduce che bisogna rivedere l’intera impostazione sociale. Del resto, la Modernità ci ha regalato centri storici sempre più abbandonati e città che si sono allargate con il conseguente aumento dei costi per i trasporti. Ritornare ai centri storici, attraverso delle politiche abitative adeguate farebbe risparmiare alle famiglie una percentuale considerevole del loro reddito, altrimenti destinata ai trasporti, senza contare le diminuzioni in termini di stress (stare in macchina molte ore al dì è mentalmente faticoso).

Altro problema è quello che riguarda il Mezzogiorno e in particolare quello legato agli investimenti infrastrutturali. Infatti, una parte del Paese, il Nord, cammina alla stessa velocità di Monaco di Baviera, anzi di più, mentre l’altra, il Sud, è zavorrata. Ancora: al Sud succede che la media dei figli è di due, esattamente come nel resto del Paese, tuttavia di questi il 50% emigra. Stando così le cose si comprende bene che in futuro il Sud sarà sempre più un peso economico e sociale per lo Stato e che gli squilibri a cui accennava pocanzi rimarranno. Bisogna rilanciare il Sud anche per questo!

È indispensabile, quindi, al di là dei ragionamenti spiccioli, cominciare a rivedere anche la politica delle infrastrutture in modo che si possa favorire il definitivo superamento di queste dinamiche.

 

ALESSANDRO PAGANO, Deputato.
Signor presidente, intervengo brevemente solo per raccontarvi un episodio emblematico, che mi vede assolutamente concorde con le conclusioni del professor Marseguerra.

Tempo fa un imprenditore turistico illuminato decise di investire al Sud per cercare di cogliere le grosse opportunità presenti in quella parte di territorio. Oggi si ritrova ad avere difficoltà enormi nel reperimento delle risorse umane, non perché non ce ne siano, ma perché, di fatto, l’assistenzialismo imperante suggerisce a queste persone di lavorare in qualche ente pubblico per una parte dell’anno quale lavoratore precario, percepire l’indennità di disoccupazione e poi accettare solo “lavoro nero”.

Se, dunque, non cambiamo la filosofia complessiva si rischia che questa differenza tra Nord e Sud si accentui ancora di più. Ecco perché ritengo che le risorse finanziarie devono arrivare al Sud solo ed esclusivamente per le infrastrutture ed ecco perché è necessaria un’operazione di “coesione culturale” fra le diverse aree del Paese, al fine di imitare i processi virtuosi lavorativi e il definitivo abbandono delle logiche assistenzialistiche e clientelari..

Da qui emerge la necessità di investire concretamente sul capitale umano: ricerca scientifica e formazione vera.

Per quanto riguarda il quadro macroeconomico, sappiamo che la normalità di prima non ritornerà più. Per un insieme di motivazioni sono infatti ormai saltati gli equilibri sociali che persistevano in precedenza. Prima il Sud riceveva risorse “a pioggia” e a tutti andava bene. Si era formata una borghesia che definisco «compradora e parapolitica», sostanzialmente negativa per la crescita socio-eonomica di quella parte di Paese. Questo sistema serviva per tenere buoni i big locali e coloro che erano fuori da quel sistema erano costretti ad emigrare. Queste dinamiche servivano a sostenere il boom economico del Nord-Ovest. Adesso il Sud fa meno figli. Anche la forza lavoro necessaria per il sostegno dell’economia del Nord arriva da altre parti del pianeta e i nodi sono arrivati al pettine.

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