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Intervento dell'On. Alessandro Pagano alla Camera dei Deputati in merito all'Interpellanza urgente al Ministro dell'Economia e delle Finanze sul "Fondo di quiescenza del personale della regione Sicilia""



 

  


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PRESIDENTE. L'onorevole Pagano ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00682, concernente monitoraggio circa il rispetto del patto di stabilità interno da parte della regione Sicilia, in relazione all'istituzione del fondo di quiescenza del personale della regione

ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, mi accingo ad illustrare l'interpellanza urgente n. 2-00682. Tuttavia, prima di procedere nella descrizione analitica, desidero porre all'attenzione dei presenti - e a quella dell'onorevole sottosegretario, Giorgetti in particolare - alcune parole che sono state pronunciate in quest'Aula nel luglio 2008 e che a distanza di due anni dall'insediamento di questo Parlamento che avvenne esattamente due anni fa, come oggi possono essere giudicate profetiche, in ogni caso utili rispetto al tema che stiamo trattando.
Vi dirò poi l'autore della citazione: «Certo», diceva l'illustratore, «non possiamo andare avanti con un sistema che nel 2000 spendeva per l'invalidità circa sei miliardi di euro e che oggi, dopo il titolo V asimmetrico, ne spende più di dodici. Un raddoppio delle spese di invalidità non è giustificato dal declino demografico della popolazione, dall'abbattimento sulla nostra popolazione, di eventi catastrofici esterni, non è del nord, del centro, del sud, non è di destra, non è di sinistra, non è dei grandi o dei piccoli; è un fenomeno tuttavia insostenibile (...). Per tutte queste ragioni, pensiamo che il nostro Paese abbia, pur nelle crescenti difficoltà, anche delle grandi opportunità, se sta insieme nel suo insieme. È questa la ragione per cui consideriamo non una colpa (...) avere blindato il bilancio della Repubblica italiana prima dell'estate e averlo blindato in una struttura che lo pone al riparo da potenziali criticità (...). In tali termini, non possiamo accettare la vecchia demagogia illusionista, piazzista e deficista che ha portato il nostro Paese ad accumulare il terzo debito pubblico del mondo. Per usare meglio le risorse pubbliche abbiamo tentato di ridurre quanto più possibile elementi di spesa pubblica che ci sembravano comprimibili e gli sprechi. Ma restiamo convinti del fatto che il bilancio pubblico è il bene superiore che dobbiamo difendere, perché nel bilancio pubblico risiede la sicurezza pubblica, c'è non solo il risparmio pubblico ma anche il risparmio delle famiglie.
Sappiamo bene quanta sofferenza vi è, e cresce, nel Paese, ma sappiamo anche che questa non scende, bensì sale, se si fanno politiche deficiste, illusioniste e di spesa pubblica non coperta».
Queste parole ovviamente provengono dal nostro Ministro dell'economia l'onorevole Giulio Tremonti il quale, a distanza di due anni, da allora è stato consacrato uno dei cinque Ministri dell'economia più importanti al mondo per i risultati raggiunti, (la fonte è quella del Financial Times.) Le cui parole servono per far capire, che il problema non può essere esaminato soltanto in termini di macro, né di un'economia che riguarda solo la nostra Repubblica il problema, per forza di cose, deve essere esteso a cascata a tutti gli enti che, in un modo o nell'altro, dipendono dall'economia dello Stato.
Non possiamo pensare che i Patti di stabilità non siano rispettati o, comunque, in generale non vengano osservati nella loro piena interezza, e non possiamo pensare di essere virtuosi solo a livello nazionale se poi tale impostazione di vita pubblica non risiede in qualsiasi altro contesto. Nello specifico, così come spiegato nella nostra interpellanza urgente, pensiamo di avere evidenziato alcuni fatti assolutamente incontrovertibili.
Per entrare nel merito, la legge regionale siciliana 14 maggio 2009 n. 6 ha previsto che il fondo di quiescenza fosse immaginato in modo nuovo. Devo fare una premessa: il fondo di quiescenza nella regione siciliana non esiste. Coloro che vanno in pensione ricevono i loro trattamenti pensionistici dal bilancio della regione che, quindi, sottrae risorse fondamentali agli investimenti per pagare, invece, le pensioni.
Finalmente, dopo tanti anni, era stata approvata una legge (per l'appunto la legge regionale n. 6 del 2009) che prevedeva sostanzialmente la formazione di un montante contributivo per le pensioni (fino a quel momento maturate e pari a 885 milioni di euro) e, poi nello specifico, il comma 4 dell'articolo 15 di quella legge fissava un limite di impegno quindicennale, cioè un accantonamento, pari a 59 milioni di euro per anno a cominciare dal 2010.
Il dato non è di poco conto, perché l'accantonamento avrebbe consentito il corretto pagamento delle pensioni attraverso questo specifico fondo pensioni. Quindi, sarebbero finite per la prima volta quelle tristi vicende che vedevano risorse pubbliche destinate ad investimenti che invece venivano utilizzati per spesa corrente.
L'interpellanza è diventata realmente urgente (e quindi non è stato uno sfizio dei trenta deputati che l'hanno sottoscritta) perché, su proposta di un assessore regionale e, per la precisione, quello alle autonomie locali, è stato presentato un emendamento al disegno di legge finanziaria per il 2010 della regione Sicilia che si sta discutendo in queste ore e che deve essere approvato per legge entro il 30 aprile (ossia entro domani) che, anziché rendere operativa da subito questa norma, di fatto la rinvierebbe di un anno.
Qualcuno potrebbe pensare che la cosa possa assurgere ad un livello di normalità; in fondo, quante volte, con il provvedimento legislativo denominato «mille proroghe», abbiamo previsto analoghe fattispecie. Tuttavia, in questo caso c'è qualcosa di diverso rispetto a una semplice proroga. L'emendamento presentato dal governo regionale è stato approvato giorni fa in Commissione bilancio ed è approdato nell'Aula della regione Sicilia, all'articolo 38 del disegno di legge finanziaria per il 2010.
Dobbiamo pensare che questa non è la prima volta che ciò succede nella regione Sicilia. Nel 2002 l'allora assessore regionale al bilancio, con l'articolo 5 della legge regionale 2002, ebbe modo di prevedere una norma per fronteggiare questo tipo di problema prevendendo una convenzione regione-Inpdap che doveva diventare operativa da subito.
I fatti dimostrarono, invece, che quella gestione, che doveva essere invece in capo ad un altro assessorato regionale, anno dopo anno, fu di fatto rinviata, al punto che nel 2009 ci volle una legge (quella che ho testé enunciato) per superarla. Allora, è chiaro che siamo in presenza di un comportamento vizioso della regione siciliana.
Infatti se si somma il mancato accantonamento di 59 milioni di euro per realizzare il montante ai contributi annuali, e se non vengono versate nel Fondo le trattenute annuali ai dipendenti (si tratta di altri 80 milioni di euro), si hanno 139 milioni di euro che in questo momento non vengono destinati per una politica di bilancio virtuosa ma che, vengono indirizzati per spesa corrente: 139 milioni di euro sono mal utilizzati per questa voce. Altri 138 milioni di euro - magia dei numeri talvolta - sono stati, invece, riconosciuti dallo Stato alla regione siciliana perché nel 2008 era stato firmato il Patto di stabilità e lo Stato aveva riconosciuto un surplus di spese rispetto all'accordo stesso. In altre parole, 138 milioni di euro sono stati, concessi dallo Stato in deroga al Patto di stabilità.
Quindi, onorevole sottosegretario, penso che il Patto di stabilità sia già saltato e mi rendo conto perfettamente che non tocca al governo nazionale evidenziare questi aspetti in termini di controllo. Ma per fortuna ci sono gli organi preposti a questo: la Corte dei conti e, soprattutto, il commissario dello Stato, che in regione deve verificare se realmente le norme approvate dalla regione siano coerenti e in linea rispetto ai principi generali stabiliti con lo Stato, e ciò con riferimento non solo alla Costituzione, ma anche a tutti i patti sottoscritti.
Oggi abbiamo l'esigenza di intervenire concretamente e immediatamente, per salvaguardare la filosofia che bene è stata incarnata dal nostro Ministro Tremonti e che ci ha consentito di salvarci rispetto al resto al mondo. Se l'Italia oggi non è nella situazione di Grecia, Spagna e Portogallo, il merito è, come universalmente riconosciuto, da ascriversi a questa impostazione contabile, economica e filosofica, che ha avuto successo: piuttosto che sostenere il deficit e la spesa corrente, noi abbiamo sostenuto bene che, invece, era molto più virtuoso tenere i cordoni della spesa pubblica ben stretti.
Ecco, perché noi abbiamo un deficit che è solo del 5,3 per cento, siamo secondi soltanto alla Germania nel mondo, e con tutti gli altri paesi nettamente dietro a noi. Orbene questa impostazione non può essere vanificata a livello locale o, nel caso specifico, a livello regionale anche perché le economie sono sommatorie di altre economie. Nel momento stesso in cui non c'è una vigilanza adeguata e non vengono rispettati determinati elementi di base viene meno tutta una impalcatura che abbiamo il dovere di denunciare, pena il default.
Da ciò deriva l'esigenza di un intervento vero e forte da parte del Governo, che vada in questa direzione non soltanto per oggi e non soltanto su questa fattispecie, ma sicuramente nelle fattispecie regionali, in particolare della regione siciliana.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alberto Giorgetti, ha facoltà di rispondere.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, ringrazio ovviamente i sottoscrittori di questa interpellanza per il quesito e le questioni poste al Governo. Gli interpellanti, dopo aver lamentato che il Ministero dell'economia e delle finanze e la regione siciliana hanno concluso ai sensi dell'articolo 77-ter, comma 6, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, l'accordo sul Patto di stabilità interno per l'anno 2009, volto a definire il livello complessivo delle spese correnti e in conto capitale e dei relativi pagamenti, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica per il periodo 2009-2011, segnalano la presentazione di un emendamento alla legge finanziaria regionale teso a riferire all'esercizio finanziario 2011 l'attivazione del fondo per il pagamento di quiescenza e delle indennità di buonuscita del personale regionale previsto dall'articolo 15 della legge regionale 14 maggio 2009, n. 6, nonché l'iscrizione a bilancio di voci di entrata che si assume non supportate da alcuna risorsa finanziaria reale.
Al riguardo, ferma restando l'autonomia statutariamente riconosciuta alla regione siciliana relativamente all'individuazione delle diverse voci della spesa, vale la pena osservare che comunque l'andamento finanziario della regione non è scevro dai controlli e dalle verifiche indispensabili per assicurare il rispetto effettivo - e non meramente formale - di quanto assunto con il citato accordo sul Patto di stabilità, a garanzia del puntuale equilibrio di bilancio regionale a sua volta preordinato ad assicurare inderogabili impegni di stabilità finanziaria per lo Stato. Il Ministero dell'economia vigila dal punto di vista concreto, e non solo formale, su quanto ovviamente viene varato da parte della regione siciliana così come nelle altre regioni del Paese.
In questa prospettiva, tenuto conto della specificità ordinamentale della regione siciliana, tale controllo è assicurato ai sensi dell'articolo 7, comma 7, della legge n. 131 del giugno 2003, dalle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti chiamate a verificare in particolare l'attendibilità dei dati sulle entrate e sulle spese esibiti dalla regione. Pertanto, è particolarmente in tale sede, e tenendo conto di tale attribuzione di competenza, che dovrà esplicarsi il monitoraggio dell'andamento della vicenda nei termini specificatamente segnalati dagli interpellanti. È chiaro che gli organi di controllo sono quelli che sono stati ricordati e sarà nostra cura, oltre che vigilare, controllare che vi sia una puntuale verifica degli elementi che sono stati presentati dagli interpellanti. A tal fine, gli elementi citati dagli interpellanti sono stati trasmessi ai competenti organi della Corte dei conti per gli adempimenti di competenza e per acquisire ogni utile elemento informativo, come indicato, sulla base del quale ovviamente il Ministero dell'economia si riserverà di svolgere eventuali riflessioni e interventi.
Per quanto di competenza di questo Ministero, si rammenta che il rispetto del Patto di stabilità interno comporta per la regione Sicilia - peraltro già sottoposta al procedimento di verifica e monitoraggio dei Piani di rientro sanitario ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge n. 159 del 2007 - la piena osservanza del citato accordo concluso ai sensi dell'articolo 77-ter, comma 6, del decreto-legge n. 112 del 2008, con l'obbligo, in particolare, di inviare una certificazione sottoscritta dal legale rappresentante e dal responsabile del servizio finanziario con informazioni dettagliate riguardanti la gestione di competenza e quella di cassa.
In caso di mancato rispetto di detti obiettivi, la regione va assoggettata alle sanzioni previste dalla normativa vigente, quali il divieto di impegnare somme correnti, al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio; il divieto di ricorrere all'indebitamento per investimenti; il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto; il divieto di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi delle disposizioni previste dall'articolo 76, comma 4 del decreto-legge n. 112 del 2008.
È evidente che, in questo quadro, ove risultino effettivamente adottate dalla regione disposizioni normative riconducibili a quanto rappresentato dagli interpellanti, da un lato, resta ferma la verifica degli equilibri di bilancio e l'attendibilità delle entrate e delle spese effettuate dai competenti organi della Corte dei conti, come sopra rammentato. Dall'altro lato, in presenza dell'eventuale adozione di disposizioni normative che eccedano le proprie competenze e siano tese ad eludere i vincoli del Patto di stabilità, resta altresì fermo il potere del Ministero dell'economia di attivare il controllo di legittimità costituzionale ai sensi e per gli effetti dell'articolo 127 della Costituzione.
Nel caso di specie, va altresì segnalata l'esigenza di coniugare in ogni caso, attraverso le sedi istituzionalmente competenti e nelle forme sopra rammentate, la contemporanea salvezza dell'autonomia finanziaria e decisionale della regione, coerentemente con quanto riconosciuto dalla Costituzione e dalle norme statutarie, con inderogabili esigenze di stabilità finanziaria effettiva, in quanto fondata su dati attendibili e comprovati dalle istituzioni competenti, nonché con la salvaguardia di fondamentali diritti soggettivi eventualmente coinvolti (come sembrerebbe profilarsi nel caso esposto, ove effettivamente l'ordinamento regionale siciliano risulti innovato nel senso descritto dagli interpellanti, nel quale dalla rappresentata distrazione di risorse per il pagamento di prestazioni spettanti a dipendenti potrebbero derivare lesioni di diritti con conseguente obbligo di tenere comunque indenni i privati interessati, pur avendo distolto le relative disponibilità finanziarie).
Il puntuale adempimento degli impegni assunti in sede di Patto di stabilità interno dalle autonomie locali e delle regioni costituisce un pilastro indeclinabile dello sforzo dell'attività di governo per la salvaguardia della finanza pubblica, a maggior ragione in un contesto internazionale segnato dai rischi di instabilità e recessione, di cui purtroppo abbiamo notizia giorno per giorno.
In tale quadro, proprio la cura rivolta al rispetto da parte di tutti i livelli di governo dei vincoli finanziari assunti in sede europea ed internazionale ha consentito ad oggi la messa in sicurezza dei conti pubblici.
Tale priorità non è certo attenuata anche qualora si tratti di regioni a statuto autonomo, come nel caso di specie. In tale ultimo caso, infatti, l'impegno all'attuazione del Patto passa attraverso un atto, espressione di ancora più elevata autoassunzione di responsabilità istituzionale, rispettoso delle sfere di autonomia riconosciute dall'ordinamento, e che si concretizza nelle forme di un accordo sottoscritto ai sensi dell'articolo 77-ter, comma 6, del suddetto decreto-legge n. 112 del 2008, cui conseguono poi, ovviamente, gli obblighi di certificazione sottoscritti dal legale rappresentante e dal responsabile del servizio finanziario.
In merito a tanto, sugli aspetti di propria pertinenza, il Ministero dell'economia e delle finanze continuerà a vigilare, per quanto di competenza, al fine di assicurare la salvaguardia di tutte le esigenze sopra rappresentate.

PRESIDENTE. L'onorevole Marinello, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, ringrazio il Governo, e in particolare il sottosegretario, per la risposta assolutamente compiuta che ha sicuramente il merito di riuscire a salvaguardare il principio generale delle garanzie costituzionali riservate alla regione siciliana, ma che contemporaneamente ha anche il grande merito di stabilire i confini ed i limiti del primo punto nell'ambito delle più generali strategie che evidentemente interessano non soltanto il Governo, ma l'intera nazione.
Vorrei approfittare dell'occasione di ringraziare il sottosegretario per esprimere alcuni brevissimi concetti. Sicuramente l'intera questione va attenzionata alla Corte dei conti, così come ha detto il sottosegretario, ma a mio avviso esiste un'altra possibilità, un altro strumento importante: mi riferisco all'istituto del commissario dello Stato, che giustamente è stato citato dal sottosegretario. A mio avviso, il commissario deve essere immediatamente, proprio nelle prossime ore, messo in allarme perché deve verificare non soltanto la questione specifica sollevata dalla nostra interpellanza, e ben esplicitata nell'intervento dell'onorevole Pagano, ma deve anche controllare tutte quelle che sono, o che possono essere, le dinamiche di spesa in questo bilancio, che noi riteniamo assolutamente torbido, e che a mio avviso non soltanto mettono a rischio l'economia e lo sviluppo della regione Sicilia, ma possono contribuire a minare il Patto di stabilità, e dunque a minare le intese tra lo Stato e la regione.
È di tutta evidenza, inoltre, che un'operazione come quella denunziata dalla nostra interpellanza, che non costa due soldi, ma ben 140 milioni di euro, molto probabilmente serve ad alimentare quel triste mercato del bisogno, ossia rischia di alimentare il mercato del precariato, il mercato delle illusioni che, a mio avviso, oggi non possono e non devono trovare assolutamente stanza in un normale e civile dibattito democratico, ma soprattutto che non possono e non devono trovare stanza in un momento assolutamente periglioso per la finanza pubblica, non soltanto della nostra nazione, ma soprattutto in un contesto europeo, internazionale, come quello che stiamo vivendo in questi giorni.
Pertanto, sottosegretario, nel ringraziarla nuovamente, voglio regalare a lei e al Governo la bellissima frase di Tocqueville, quella sulla democrazia, nella quale sostiene che «la democrazia inizia dalla pubblicazione del bilancio presso la casa comunale». Ebbene, in questo caso la democrazia, in quella regione, ma in generale nel nostro Paese, inizia proprio parlando di tali questioni perché non è vero che i numeri non hanno un'anima: i numeri hanno un'anima e attraverso i numeri noi siamo nelle condizioni assolutamente di capire se stiamo operando delle scelte sane nell'interesse di popolazioni amministrate, o se invece stiamo curando piccoli e mediocri interessi di bottega.
È sotto gli occhi quello che sta accadendo nella regione Campania; è di tutta evidenza cosa sta trovando il presidente Caldoro che oggi si ritrova ad avere ammanchi miliardari.
Sappiamo che una situazione di questo genere conduce sicuramente a riflessi nei bilanci pubblici e, quindi, mina profondamente il Patto di stabilità del nostro Paese. Lo dico da siciliano e da «sicilianista» convinto: non possiamo assolutamente consentire che politiche dissennate, tese magari ad alimentare qualche speranza in più per raggranellare qualche ciuffo di consenso in più, possano condurre a situazioni disastrose come quelle da me denunziate innanzi



Atto Camera

 Interpellanza urgente 2-00682

 presentata da

ALESSANDRO PAGANO

mercoledì 21 aprile 2010, seduta n.310

 

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:

 il Ministero dell'economia e delle finanze e la regione Sicilia hanno concluso, ai sensi dell'articolo 77-ter, comma 6, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, l'accordo sul patto di stabilità interno per l'anno 2009 volto a definire il livello complessivo delle spese correnti e in conto capitale e dei relativi pagamenti, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica per il periodo 2009-2011 nel rispetto dei princìpi di autonomia finanziaria statutariamente riconosciuti;

 nell'ambito del citato accordo la regione ha inoltre ottenuto che i livelli di spesa fossero incrementati dell'importo di 138 milioni di euro, al fine di compensare eventuali eccedenze al limite dei pagamenti della regione assoggettati al patto di stabilità interno ovvero al fine di coprire l'eventuale superamento da parte di enti locali siciliani degli obiettivi di cui al medesimo patto;

 la regione Sicilia, nel suo recente passato, si è contraddistinta in taluni casi per l'assoluta artificiosità delle entrate destinate a finanziare le crescenti spese che ha alimentato, avendo, ad esempio, per più esercizi finanziari previsto in entrata 900 milioni di euro per la valorizzazione dei propri immobili, al solo fine di ottenere un artefatto pareggio di bilancio, non supportato poi da alcuna risorsa finanziaria reale;

 ancora più grave appare agli interpellanti, sempre nel quadro del rispetto dei vincoli derivanti dal patto di stabilità, la vicenda relativa all'istituzione del fondo di quiescenza del personale della regione Sicilia;

 infatti l'articolo 15 della legge regionale del 14 maggio 2009, n. 6, aveva disposto l'istituzione, a decorrere dall'esercizio finanziario 2010, del fondo di quiescenza, avente natura giuridica di ente pubblico non economico, per il pagamento del trattamento di quiescenza e dell'indennità di buonuscita del personale regionale e la valorizzazione delle relative contribuzioni;

 per costituire il montante contributivo sin qui maturato a garanzia delle pensioni e delle buonuscite del personale regionale in servizio era necessario un importo di 885 milioni di euro, come stimato dal comma 3 della citata disposizione;

 posto che le citate somme non erano mai state accantonate il comma 4 dell'articolo 15 a decorrere dall'esercizio finanziario 2010 fissava un limite di impegno quindicennale di 59 milioni di euro, che dunque sin dal bilancio regionale in corso di approvazione la Regione sarebbe tenuta ad accantonare, al fine di evitare che la situazione di sostanziale commistione di entrate fiscali e contributi che hanno tutt'altra natura realizzi un «pareggio di bilancio» basato su dati fallaci;

 con l'istituzione del fondo di quiescenza, infatti, il legislatore regionale ha voluto fortemente programmare l'avvio di un percorso virtuoso, accantonando risorse che, altrimenti, sarebbero state assorbite dalla spesa pubblica corrente e destinandole, per il tramite della gestione patrimoniale e finanziaria del fondo ad investimenti con inevitabili ricadute positive sul sistema economico regionale. Ciò rappresenta la migliore garanzia per il pagamento delle pensioni future dei dipendenti regionali;

 si registra tuttavia una situazione di stallo amministrativo, ad avviso degli interpellanti assolutamente ingiustificata, da parte del Governo regionale in ordine all'attuazione del fondo di quiescenza e si è avuta addirittura notizia che l'assessore regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica, invece di attivare le iniziative normativamente previste per avviare l'immediata operatività del fondo ha proposto al presidente della regione la presentazione in seno alla legge finanziaria regionale un emendamento che differisca l'attivazione del fondo di quiescenza all'esercizio finanziario 2011;

 ciò comporta che la regione Sicilia potrebbe iscrivere a bilancio circa 140 milioni di euro (prima quota di ricostituzione del montante contributivo pari a 59 milioni di euro e dall'importo stimato dei contributi da accantonare per l'anno 2010 pari a circa 80 milioni di euro) perseverando a perpetuare uno stato che la Corte dei conti, in più relazioni, aveva stigmatizzato muovendo rilievi all'operato dell'amministrazione regionale che per anni ha introitato i contributi propri e quelli dei lavoratori alla stregua di entrate fiscali per il pagamento delle spese correnti;

 il rinvio dell'attivazione del fondo, pertanto, se realmente posto in essere, rischia di alterare significativamente gli elementi che sono stati posti a fondamento dell'accordo stabilito tra lo Stato e la regione in relazione agli obiettivi di finanza pubblica;

 questo episodio, unito a numerosi altri, lascia ritenere che alla lunga la politica perseguita dalla regione Sicilia, tenuto conto delle modalità con le quali viene gestita la spesa corrente e in conto capitale, rischia di incidere fortemente sul patto di stabilità interno -:

 se non intenda monitorare l'andamento della vicenda esposta in premessa, adottando ogni iniziativa di competenza al fine di garantire il pieno rispetto del patto di stabilità interno.

 (2-00682)

«Pagano, Vincenzo Antonio Fontana, Marinello, Gibiino, Germanà, Torrisi, Garofalo, Palumbo, Versace, Antonino Foti, Barani, Calabria, Chiappori, De Luca, Di Biagio, Tommaso Foti, Ghiglia, Giammanco, Girlanda, Iannarilli, Lainati, Mazzoni, Palmieri, Papa, Petrenga, Pili, Scalera, Sisto, Speciale, Stasi, Toccafondi, Tortoli, Vella, Vitali».

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