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Il credito al consumo (Decreto Legislativo 13-082010 n° 141)

 

 

CONVEGNO NAZIONALE

Roma, Università LUISS 4 Maggio 2011 

a) Il ruolo del credito al consumo: considerazioni generali


 

Il credito al consumo svolge un ruolo centrale in tutte le economie avanzate e svolge finalità potenzialmente positive, come canale di finanziamento attraverso il quale la domanda di beni, soprattutto di natura durevole e di servizi, può essere soddisfatta oltre il limite di reddito del richiedente, mediante il differimento temporale del pagamento.

Esso costituisce un mezzo utile per sostenere i consumatori in occasione di esigenze di spesa in specifici momenti della loro vita, anticipando razionalmente i redditi attesi futuri e consentendo di assumere alcune autonome scelte di vita, quali, tipicamente, l’acquisto della casa di abitazione, a prescindere dalla dipendenza dai legami familiari. In alcuni settori il credito al consumo rappresenta del resto un elemento essenziale: è il caso del mercato automobilistico, in cui l’84 per cento delle compravendite di auto da parte di privati, è finanziato attraverso tale strumento.

Il credito al consumo ha assunto negli ultimi anni rilievo cruciale sotto un duplice profilo: da un lato, in ragione del fatto che molte economie avanzate, soprattutto nei paesi anglosassoni, hanno legato buona parte del proprio sviluppo all’utilizzo sempre più ampio, in particolare a partire dai primi anni novanta, di tale strumento per incrementare il livello dei consumi e sostenere la crescita del PIL; dall’altro, in considerazione del ruolo che il credito al consumo, e le sue distorsioni, hanno avuto nel determinare, dalla seconda metà del 2008, la crisi dei mutui immobiliari negli Stati Uniti e la conseguente esplosione di una crisi finanziaria ed economica di proporzioni globali.

Anche in Italia si è assistito, all’incirca fino al 2007, ad un progressivo ampliamento della disponibilità del sistema creditizio a concedere prestiti e mutui, ad esempio allungando la durata dei finanziamenti, allargando le categorie di lavoratori che possono accedervi, incrementando la percentuale di finanziamento erogato rispetto al valore del bene prestato in garanzia.

Infatti si rileva come, innovando rispetto alla tradizionale diffidenza del consumatore italiano rispetto allo strumento del debito, cui veniva in passato attribuita una valutazione sociale negativa, il livello di indebitamento delle famiglie italiane è raddoppiato dal 2000 al 2008, passando dal 30 a quasi il 60 per cento in rapporto al reddito disponibile, sebbene tale livello di indebitamento sia ancora notevolmente inferiore rispetto a quello degli Stati Uniti, dove è pari al 140 per cento del reddito disponibile, a quello degli altri principali Paesi europei, ove giunge al 90 o al 100 per cento, ed alla media dei Paesi UE, che è del 93 per cento.

Sebbene tale evoluzione non sia di per sé necessariamente negativa, e costituisca in parte una conseguenza fisiologica del processo di armonizzazione economica indotta dall’introduzione dell’Euro, occorre attentamente verificare se tale dinamica non porti con sé distorsioni gravi.

In generale, si rileva un peggioramento del livello di insolvenza relativo al settore del credito al consumo, principalmente legato all’incremento delle insolvenze nel settore dei mutui immobiliari a tasso variabile.

Sebbene il tasso di insolvenza registrato in Italia appaia finora nettamente più basso di quello registratosi nei principali Paesi europei e negli USA, confermando una delle caratteristiche positive del panorama creditizio italiano, appare particolarmente preoccupante il progressivo peggioramento del grado di solvibilità delle famiglie italiane.

In tale contesto si può rilevare come la riflessione sulle problematiche specifiche del credito al consumo conduca naturalmente ad un ordine di problemi molto più ampi, attinenti al modello di sviluppo economico che il nostro Paese intende seguire per il futuro. Si comprenderà  dalle mie parole (che sono nella qualità di relatore del decreto legislativo approvato all'unanimità in commissione) la profonda contrarietà ad un modello sociale che tende ad indebitare le famiglie.

Evidentemente viviamo  un periodo in cui si vuole cancellare il nostro Ethos che invece finora ha caratterizzato positivamente la società italiana.  Oggi in Economia, come in qualunque ambito sociale, c'è qualcuno invece che tende a distruggere le nostre radici e il risultato che esse hanno prodotto nei secoli.

In atto c'è una tendenza culturale abbastanza viva, in cui si vogliono emulare i modelli sociali di altri paesi, specie del nord Europa perchè si ritengono moderni e sviluppati, rispetto ai modelli italiani giudicati invece retrogadi:

1) Si pensi alle Aziende di grandi dimensioni. Per anni si è affermato che le nostre PMI fossero troppo piccole per reggere il confronto internazionale e per anni si è cercato di sconquassare il sistema delle micro, piccole e medie imprese cercando di ingigantirle, come se fosse un'operazione da fare a tavolino.

I fatti hanno dimostrato invece che le nostre PMI hanno nicchie di mercato mondiale fantastiche. Esse reggono le sfide del mercato proprio perchè sono aziende familiari molto flessibili.

2) Si pensi al prelievo  fiscale assurdo  (+ 8 volte dal 1972 al 2000) che si è voluto altissimo al fine di aumentare le entrate statali. Le quali poi dovevano sostenere il  Welfare State.

Dopo 40 anni di tasse esagerate l'esperienza ci ha detto invece che bisognava perseguire un'altra strada, quella della nostra tradizione e cioè la SUSSIDIARIETA'.

3) Si pensi alla delocalizzazione. Per anni ci hanno detto che le nostre imprese per restare competitive dovevano andare là dove il costo della mano d'opera costasse meno. Dopo 10 anni di risultati non particolarmente avvincenti  si sta comprendendo il fallimento di quelle politiche e le imprese italiane stanno ritornando in Italia. Le PMI sanno essere competitive anche dentro i nostri confini.

4) Si  pensi a quanti volevano trasformare  la nostra economia da manufatturiera in finanziaria (tentativo fallito grazie al buon senso degli imprenditori italiani).

5) Si pensi a quanti volevano trasformare il sistema bancario italiano da locale a  Universale Internazionale con il risultato che tali banche hanno perso il contatto con il territorio. E se oggi non avessimo avuto le piccole ma gloriose Banche di Credito Cooperativo il sistema sarebbe ancora più in difficoltà.

6) Dulcis in fundo, si pensi a quanti hanno immaginato di creare PIL a danno delle famiglie, mediante un sistema finanziario che tendeva ad indebitare le stesse.

Si pone, a tale riguardo, l’esigenza di compiere una scelta di politica economica di fondo, valutando se imboccare la strada scelta dai paesi anglosassoni, nei quali lo sviluppo è guidato principalmente dai consumi privati, a loro volta alimentati dal credito al consumo, e, dunque, dall’indebitamento delle famiglie e dei consumatori, ovvero mantenere il tradizionale modello di sviluppo italiano, basato fondamentalmente sulla spiccata propensione al risparmio delle famiglie italiane, che alimenta a sua volta la raccolta di capitali da parte delle banche, le quali lo erogano alle imprese per finanziare il funzionamento ordinario e gli investimenti.

Al di là di tali considerazioni di natura macroeconomica, appare comunque indispensabile governare l’evoluzione che sta caratterizzando i meccanismi del credito, salvaguardando la specificità costituita dalla tradizionale propensione al risparmio delle famiglie italiane, evitando di minare la sostenibilità degli impegni finanziari assunti dai consumatori italiani, e vigilando inoltre affinché il ricorso al credito non sia inteso, in modo distorto, come uno strumento per mantenere un livello di consumi non più congruente con il potere di acquisto delle famiglie.

Non si può infatti ritenere che il credito al consumo possa costituire stabilmente il vero motore della crescita economica, se non si vuole ricadere nelle distorsioni che hanno portato alla crisi finanziaria ed economica di cui le economie dei Paesi avanzati stanno ancora pagando le conseguenze. Il credito al consumo può invece costituire un fattore di moltiplicazione e di sostegno della domanda, a patto che sussistano le condizioni per assicurare stabilità al reddito disponibile delle famiglie e che si ricostituiscano le condizioni per una duratura crescita economica. 

Gli elementi di criticità nel settore degli intermediari del credito al consumo 

Passando alle tematiche più direttamente attinenti all’occasione odierna, occorre rilevare come il settore dei soggetti operanti nel settore finanziario, segnatamente degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, ha subito negli ultimi anni un processo di riforma molto significativo, segnato in modo fondamentale dal decreto legislativo n. 141 del 2010, il quale ha recepito nell’ordinamento italiano alla direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori.

L’esigenza di intervenire sulla disciplina degli intermediari operanti nel mercato del credito al consumo, nasce dalla consapevolezza circa l’esistenza di una serie di elementi di criticità nel settore, puntualmente evidenziati dal documento conclusivo dell’indagine conoscitiva svolta in materia dalla Commissione Finanze della Camera e successivamente raccolti dal Governo nell’esercizio della delega conferita per il recepimento della già citata direttiva 2008/48/CE.

In particolare, l’analisi svolta in tale ambito ha consentito innanzitutto di evidenziare come la commercializzazione del prodotto nel settore del credito al consumo risulta in larga parte affidata, attraverso forme di outsourcing in alcuni casi molto spinte, a reti esterne, costituite da operatori fortemente orientati alla generazione di fatturato, a scapito, spesso, di una corretta relazione d’affari con il cliente.

Tali fenomeni, che corrispondono a logiche commerciali, comportano, in molti casi, anomalie nella catena distributiva, la cui lunghezza è spesso all’origine di una lievitazione dei costi di distribuzione, con aggravi di oneri a carico del consumatore, gravi carenze nei controlli sulla rete e mancato rispetto formale e sostanziale della disciplina in materia di trasparenza, nonché delle normative di settore. Inoltre, il ricorso a reti di distribuzione esterne rischia di ridurre la capacità dell’erogatore di valutare correttamente il merito di credito del soggetto richiedente, ovvero di innalzare l’onere di tale valutazione.

E’ emerso quindi come tali reti non sempre forniscano un servizio efficace ai consumatori, in quanto non garantiscono effettivamente né l’erogazione del credito né i tempi di erogazione dello stesso, ma, al contrario, contribuiscono ad aumentare il costo del credito per il consumatore stesso e ad allungare i tempi per la concessione dei finanziamenti.

Questa condizione complessiva porta dunque, assieme ad altri fattori, al paradosso per cui, nonostante l’elevato numero di operatori nel settore, ed il conseguente maggior grado di concorrenzialità rispetto ad altri mercati che tale condizione dovrebbe favorire, il costo del credito al consumo è in Italia superiore a quello registrato in altri Paesi.

In dettaglio, l’indagine ha consentito di evidenziare come la struttura degli intermediari che possono erogare credito al consumo in Italia risultasse estremamente complessa e variegata, essendo costituita da 171 società finanziarie iscritte nell’elenco previsto dall’articolo 107 del TUB, di cui solo 35 iscritte nell’elenco speciale e sottoposte alla regolare vigilanza della Banca d’Italia, alle quali si aggiungono circa 1.100 società finanziarie iscritte nell’elenco di cui all’articolo 106 del TUB, nonché circa 180.000 mediatori creditizi e agenti in attività finanziaria, dei quali meno di 17.000 hanno personalità giuridica.

Tale estrema articolazione del sistema poneva evidenti problemi di controllo, sotto il duplice profilo della qualità e della trasparenza, aggravati dal fatto che l’iscrizione nell’elenco dell’articolo 106, o negli altri elenchi ed albi degli intermediari creditizi, è subordinata alla sussistenza di condizioni quasi puramente formali, sotto il profilo della qualificazione professionale e dell’onorabilità, e che la Banca d’Italia non dispone né di strumenti normativi né di risorse adeguati per vigilare effettivamente questo amplissimo microcosmo, costituito per lo più da persone fisiche, molto difficili da controllare.

Ad esempio, l’iscrizione nell’albo dei mediatori creditizi tenuto dall’Ufficio di informazione finanziaria della Banca d’Italia, in cui erano presenti oltre 100.000 mediatori, era subordinata al semplice possesso di un titolo di studio di istruzione superiore ed all’assenza di condanne per reati penali con sentenza passata in giudicato.

Ulteriori interrogativi suscitava la distribuzione sul territorio di tale complessa rete di intermediari, in particolare per quanto riguarda la maggiore concentrazione di tali soggetti nelle regioni del Mezzogiorno, laddove la maggior parte del credito al consumo è invece erogato nelle regioni del Centro – Nord, circostanza, questa, che lascia immaginare come, soprattutto in alcune aree del Paese, in questo settore si possano annidare zone grigie pericolose. 

In tale preoccupante quadro la Commissione Finanze ha formulato, prima nel documento conclusivo della predetta indagine, e poi nella risoluzione a mia prima firma 7-00340, approvata dalla Commissione stessa nella seduta del 3 giugno 2010, una serie di principi volti ad orientare l’intervento riformatore.

In primo luogo si è evidenziata l’esigenza di avere operatori del credito al consumo che corrispondano effettivamente alle attese della clientela, rafforzando la vigilanza esercitata dalla Banca d’Italia e dalle altre autorità competenti.

Inoltre si è richiamata la necessità di contrastare i comportamenti difformi e anomali posti in essere dalla catena distributiva e di rafforzare i presidi organizzativi in materia di controlli interni, in particolare evitando forme di remunerazione e di valutazione degli addetti alla rete di vendita che costituiscano un incentivo a commercializzare prodotti non adeguati rispetto alle esigenze finanziarie dei clienti.

Per quanto riguarda specificamente i mediatori creditizi e gli agenti in attività finanziaria, si è richiamata l’esigenza di rendere più rigorose e restrittive le condizioni per l’accesso alla professione, prevedendo sistemi di controllo, di monitoraggio e sanzionatori adeguati e subordinando l’iscrizione all’albo dei mediatori creditizi o all’elenco egli agenti in attività finanziaria a requisiti stringenti di onorabilità e professionalità.

In tale prospettiva si è richiesto di imporre ai mediatori l’obbligo di assumere una forma giuridica societaria, favorendone la crescita dimensionale, al fine di garantire la qualità degli intermediari sia sotto il profilo professionale sia dal punto di vista patrimoniale, e di consentire loro di dialogare con le banche in condizioni di maggiore indipendenza.

Al medesimo fine è stata evidenziata la necessità di introdurre forme di copertura assicurativa, per garantire che gli intermediari possano comunque risarcire i clienti a fronte di loro eventuali responsabilità professionali.

Inoltre si è richiamata l’opportunità di operare una distinzione netta fra l’attività dei mediatori creditizi e quella degli agenti in attività finanziaria, introducendo specifiche cause di incompatibilità tra l’iscrizione nell’albo degli agenti ed in quello dei mediatori, affidandone la gestione, che non deve limitarsi agli aspetti solo formali, ad un organismo apposito, dotato di poteri di verifica e sanzionatori e sottoposto alla supervisione della Banca d’Italia.

Inoltre si è sottolineata la necessità di consentire ai consumatori di conoscere la natura e le caratteristiche degli intermediari finanziari operanti nel comparto del credito alle famiglie e del credito al consumo, facendo maggiore chiarezza sulla loro reale natura, ed inibendo l’operatività di quei soggetti che dichiarano di essere istituti erogatori di credito, ma sono in realtà meri intermediari che percepiscono una commissione sull’ammontare di credito erogato dalla banca.

Parimenti, occorre prevedere che le persone fisiche dipendenti dei mediatori siano anch’esse munite di un titolo professionale individuale, da acquisire attraverso un esame rigoroso e revocabile a fronte di comportamenti scorretti, prevedendo in tale contesto l’istituzione di un’apposita sezione dell’albo dei mediatori creditizi o l’apertura a tali dipendenti dell’elenco degli agenti in attività finanziaria, e stabilendo anche per tali soggetti un percorso di formazione continua e di aggiornamento professionale.

La Commissione ha quindi evidenziato come il rafforzamento dei controlli sugli intermediari debba riguardare anche il profilo della comunicazione, responsabilizzando maggiormente i mediatori creditizi e gli agenti in attività finanziaria rispetto ai propri obblighi informativi, rendendo più trasparenti i messaggi pubblicitari ed i documenti destinati ai consumatori.

L’obiettivo complessivo delle proposte di riforma elaborate dalla Commissione appena elencati è quello di incrementare la qualità professionale e l’autorevolezza degli intermediari operanti nel settore del credito al consumo, i quali devono poter svolgere un ruolo realmente indipendente ed essere in grado di fornire con la massima trasparenza ai consumatori un’ampia gamma di prodotti, suggerendo le soluzioni che meglio si attagliano alle esigenze ed alle condizioni specifiche del singolo cliente.

La trasparenza nel settore della distribuzione dei prodotti del credito al consumo costituisce infatti un elemento imprescindibile per consentire ai consumatori di valutare, in un quadro di assoluta trasparenza, quale sia il canale distributivo più conveniente ed adatto alle proprie esigenze, conoscendo in particolare quale quota del costo del finanziamento sia destinata ad alimentare le provvigioni riconosciute agli intermediari ed a tutte le figure professionali coinvolte nei diversi canali commerciali del credito al consumo.

In ogni caso, la Commissione ha inteso esplicitamente specificare come gli interventi di riforma in questo campo non devono comportare alcuna riduzione della concorrenza nel settore, la quale deve invece essere migliorata, a vantaggio della competitività ed efficienza del mercato e nell’interesse degli stessi consumatori. 

b) La riforma operata dal decreto legislativo n. 141 del 2010 

Sulla scorta di tale contributo analitico e di proposte, il Governo ha predisposto ed adottato il decreto legislativo n. 141 del 2010, il quale, tra l’altro, agli articoli 7 ed 11 ha notevolmente innovato la disciplina in materia, attraverso l’integrale sostituzione del Titolo V del Testo unico delle leggi materia bancaria e creditizia (TUB) di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 TUB, relativo alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, nonché mediante l’inserimento in tale corpus normativo di un nuovo Titolo VI-bis, recante una specifica disciplina circa l'esercizio delle attività di agenzia in attività finanziaria e di mediazione creditizia

Il primo gruppo di modifiche ha comportato una completa riscrittura delle norme sull’albo degli intermediari finanziari, sostituendo il precedente sistema, caratterizzato da un doppio elenco (uno generale e uno speciale), con un albo unico tenuto dalla Banca d'Italia.

In particolare, la nuova formulazione dell’articolo 106 del TUB ha ridefinito la riserva di attività relativa a tali operatori, così da comprendervi soltanto gli intermediari autorizzati che esercitano la concessione del credito, in tutte le sue forme, nei confronti del pubblico, nonché la negoziazione e gestione in valuta. E’ stato inoltre chiarito che, in un contesto sistematico, oltre alle attività oggetto di riserva gli intermediari autorizzati possono altresì prestare servizi di pagamento e servizi di investimento, purché dispongano delle relative autorizzazioni.

Si è inoltre introdotto, al nuovo articolo 107 del TUB un vero e proprio regime autorizzatorio per gli intermediari, che postula la ricorrenza di puntuali requisiti organizzativi, patrimoniali, operativi e morali, valutati dalla Banca d'Italia.

Un regime semplificato è stato poi previsto dal nuovo articolo 111 del TUB per quanto concerne i soggetti operanti nell'ambito del microcredito, stante il loro rilievo sociale e la loro scarsa rilevanza sistemica. In particolare, i soggetti che erogano microcredito non sono assoggettati all'obbligo di iscrizione nell'albo tenuto dalla Banca d'Italia e alla relativa vigilanza, ma sono iscritti in un elenco specifico, gestito da un apposito organismo associativo di autoregolamentazione con personalità giuridica, preposto alla gestione.

Ai sensi del nuovo articolo 113 del TUB l’organismo, che è vigilato dalla Banca d'Italia, ed cui componenti sono nominati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, vigila sul rispetto da parte degli iscritti della disciplina ad essi applicabile, mentre il potere di disporne la cancellazione dall'elenco al venir meno dei requisiti, ovvero in caso di gravi violazioni della disciplina stessa, è attribuita Ministero dell'economia e delle finanze, su istanza dell'organismo e previa istruttoria dallo stesso svolta. L'organismo ha inoltre il potere di chiedere informazioni e di impartire disposizioni agli iscritti circa il loro ambito di operatività.

La norma delinea specificamente le tipologie di finanziamento che i soggetti del microcredito possono concedere, i destinatari (persone fisiche e a società di persone) delle agevolazioni, lo scopo (start-up di attività di lavoro autonomo o di microimpresa), l’importo massimo concedibile (non superiore a 25.000 euro) e le altre caratteristiche rilevanti dei finanziamenti (che non devono essere garantiti da ipoteca e sono accompagnati da servizi di assistenza e monitoraggio all'iniziativa professionale o microimprenditoriale).

E' previsto inoltre che gli stessi operatori possano erogare finanziamenti, purché tale attività non assuma carattere prevalente, anche a persone fisiche in condizioni di particolare vulnerabilità economica o sociale, purché siano di importo contenuto, entro i limiti espressamente previsti, non siano assistiti da garanzie reali e siano accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di bilancio familiare.

Viene altresì consentito alle associazioni senza scopo di lucro di concedere finanziamenti ai propri associati, a condizione che tali finanziamenti siano finalizzati a consentire l'inclusione sociale e finanziaria del beneficiario, non siano garantiti da ipoteca e siano prestati a condizioni più favorevoli di quelle prevalenti sul mercato.

Per quanto attiene ai Confidi, l’articolo 112 prevede che essi debbano iscriversi ad un apposito elenco, gestito da un apposito organismo associativo dotato di personalità giuridica, qualora esercitino esclusivamente l’attività di garanzia collettiva dei fidi e dei servizi ad essa connessi o strumentali; viene mantenuta invariata la legislazione previgente.

Sono demandati alla regolamentazione secondaria (MEF e Banca d'Italia) i criteri oggettivi, relativi al volume di attività, sulla base dei quali sono individuabili i confidi tenuti ad iscriversi all'albo di cui all'articolo 106 del TUB ed i requisiti prudenziali a fronte del rischio di credito, equivalenti a quelli applicati agli enti creditizi.

Per quanto riguarda i soggetti non bancari senza fini di lucro che raccolgono in ambito locale risparmio di modesta entità ed erogano piccoli prestiti, già operanti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 141, si stabilisce l’obbligo di iscrizione in una sezione separata dell'elenco dei soggetti che erogano microcredito, nonché il vincolo di continuare a svolgere la propria attività, in considerazione del carattere marginale della stessa, nel rispetto delle determinazioni del CICR.

Le agenzie di prestito su pegno sono invece assoggettate al regime autorizzatorio e di iscrizione all’albo secondo la nuova formulazione del già citato nuovo articolo 106 del TUB. 

Per quanto riguarda l'esercizio dell'agenzia in attività finanziaria e della mediazione creditizia, l’articolo 11 del decreto legislativo n. 141 del 2010 ha modificato il TUB, inserendovi un nuovo Titolo VI-bis, che contiene gli articoli da 128-quater a 128-duodecies.

Nel dettaglio, l’agente in attività finanziaria è definito dal nuovo articolo 128-quater del TUB come il soggetto che promuove e conclude contratti relativi alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma o alla prestazione di servizi di pagamento, su mandato diretto di intermediari finanziari, istituti di pagamento o istituti di moneta elettronica. La norma stabilisce inoltre che l’esercizio professionale nei confronti del pubblico dell'attività di agente in attività finanziaria sia riservato ai soggetti iscritti in un apposito elenco tenuto dall'Organismo previsto dal nuovo articolo 128-octies.

Gli agenti in attività finanziaria possono svolgere la loro attività su mandato di un solo intermediario o di più intermediari appartenenti al medesimo gruppo, essendo tuttavia consentito all'agente di assumere più mandati, ciascuno per una sola tipologia di prodotto o servizio ove questi siano conferiti da intermediari che non offrano l'intera gamma di servizi promossi e conclusi dall'agente.

Per gli agenti che prestano esclusivamente il servizio di pagamento è prevista l’iscrizione in una sezione speciale dell'elenco, quando ricorrono le condizioni e i requisiti stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, che tengono conto del carattere limitato dell'attività svolta.

c) I requisiti necessari per l'iscrizione nell'elenco degli agenti in attività finanziaria sono definiti dal nuovo articolo 128-quater2.

Tra requisiti rileva, tra l’altro, per le persone fisiche la cittadinanza italiana o di uno Stato dell'Unione europea, ovvero di Stato diverso e il domicilio nel territorio della Repubblica.

Per i soggetti diversi dalle persone fisiche si richiede la sede legale e amministrativa nel territorio della Repubblica; requisiti di onorabilità e professionalità, compreso il superamento di apposita prova valutativa; la stipula di una polizza di assicurazione della responsabilità civile per i danni arrecati nell'esercizio dell'attività derivanti da condotte proprie o di terzi del cui operato essi rispondono a norma di legge. Si prevede inoltre che la permanenza nell'elenco sia subordinata, in aggiunta ai suddetti requisiti, all'effettivo esercizio dell'attività e all'aggiornamento professionale.

La figura del “mediatore creditizio” è definita dal nuovo articolo 128-quinquies del TUB come il soggetto che pone in relazione, anche attraverso attività di consulenza, banche o intermediari finanziari con la potenziale clientela per la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma.

Anche in questo caso l'esercizio professionale nei confronti del pubblico dell'attività di mediatore creditizio è riservato ai soggetti iscritti in un apposito elenco tenuto dall'Organismo previsto dall’articolo 128-octies. E’ previsto che il mediatore creditizio svolge la propria attività senza essere legato ad alcune delle parti da rapporti che ne possano compromettere l'indipendenza.

d) I requisiti per l'iscrizione nell'elenco dei mediatori creditizi, sono indicati dal nuovo articolo 128-quinquies 2 del TUB.

Al riguardo si richiede, tra l’altro: la forma di società per azioni, di società in accomandita per azioni, di società a responsabilità limitata o di società cooperativa; la sede legale e amministrativa o, per i soggetti comunitari, stabile organizzazione nel territorio della Repubblica; il possesso da parte di coloro che detengono il controllo e dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo dei requisiti di onorabilità; la stipula di una polizza di assicurazione della responsabilità civile, per i danni arrecati nell'esercizio dell'attività derivanti da condotte proprie o di terzi del cui operato essi rispondono a norma di legge.

L’articolo 128-quinquies 3 vieta la contestuale iscrizione nell'elenco degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, prevedendo inoltre che i collaboratori di agenti in attività finanziaria e di mediatori creditizi non possono svolgere contemporaneamente la propria attività a favore di entrambi i soggetti.

In tale contesto si stabilisce, al nuovo articolo 128-sexies del TUB, che i dipendenti e collaboratori degli agenti in attività finanziaria e i mediatori creditizi, nel contatto con il pubblico, rispettino le norme loro applicabili, possiedano i prescritti requisiti di onorabilità e professionalità e curino l'aggiornamento professionale. Gli agenti in attività finanziaria e i mediatori creditizi rispondono inoltre in solido dei danni causati nell'esercizio dell'attività dai dipendenti e collaboratori di cui si essi si avvalgono, anche in relazione a condotte penalmente sanzionate.

Per quanto riguarda i requisiti di trasparenza agli agenti in attività finanziaria e ai mediatori creditizi, si applicano, in quanto compatibili, ai sensi del nuovo articolo 128-septies del TUB, le norme del Titolo VI del TUB in materia di trasparenza delle operazioni . A tal fine la Banca d'Italia ha il potere di chiedere agli agenti in attività finanziaria e ai mediatori creditizi la comunicazione di dati e notizie, e la trasmissione di atti e documenti, nonché di effettuare ispezioni, anche con la collaborazione della Guardia di finanza.

La gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi è affidata dal nuovo articolo 128-octies del TUB ad un Organismo, avente personalità giuridica ed ordinato in forma di associazione, con autonomia organizzativa, statutaria e finanziaria competente, il quale provvede all'iscrizione negli elenchi, previa verifica dei requisiti previsti, e svolge ogni altra attività necessaria per la loro gestione.

I componenti dell'Organismo sono nominati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta della Banca d'Italia, la quale esercita su di esso la vigilanza informativa ed ispettiva e può proporre al Ministro dell'economia lo scioglimento dell’Organismo in caso di eventuali carenze riscontrate nell'attività dell'Organismo, di grave inerzia o di malfunzionamento.

Il nuovo articolo 128-novies prevede una serie di sanzioni amministrative nei confronti degli iscritti nei predetti elenchi, in particolare per l'inosservanza degli obblighi di aggiornamento professionale, la violazione di norme legislative o amministrative che regolano l'attività di agenzia in attività finanziaria o di mediazione creditizia, la mancata comunicazione o trasmissione di informazioni o documenti richiesti . Tali sanzioni vanno dall’applicazione delle sanzioni del richiamo scritto, alla sospensione dall'esercizio dell'attività per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a un anno, alla cancellazione dagli elenchi.

Si prevedono inoltre sanzioni amministrative a carico dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o di direzione e dei dipendenti delle società di agenzia in attività finanziaria o delle società di mediazione creditizia.

L’articolo 128-undecies2 stabilisce altresì che per lo svolgimento dell’attività di consulenza e gestione crediti a fini di ristrutturazione e recupero degli stessi, le banche e gli intermediari finanziari si possano avvalere esclusivamente di agenti in attività finanziaria iscritti nell'elenco. 

A corollario di tali previsioni, gli articoli da 13 a 24 del decreto legislativo n. 141 del 2010 dettano una serie di principi e requisiti che devono presiedere all’attività dei mediatori creditizi e degli agenti in attività finanziaria.

In dettaglio l’articolo 13 sancisce il carattere di terzietà che deve caratterizzare i mediatori creditizi ai sensi del nuovo articolo 128-quinquies del TUB, vietando a questi ultimi di concludere contratti, nonché effettuare, per conto di banche o di intermediari finanziari, l'erogazione di finanziamenti e ogni forma di pagamento o di incasso di denaro contante, di altri mezzi di pagamento o di titoli di credito. I mediatori creditizi possono raccogliere le richieste di finanziamento sottoscritte dai clienti, svolgere una prima istruttoria per conto dell'intermediario erogante e inoltrare tali richieste a quest' ultimo.

L’articolo 14 detta i requisiti di professionalità richiesti per l'iscrizione delle persone fisiche nell'elenco degli agenti in attività finanziaria, nonché i requisiti richiesti per l'iscrizione delle persone giuridiche.

L’articolo 15 indica i requisiti di onorabilità che devono possedere le persone fisiche per l’iscrizione negli elenchi, prevedendosi che con riferimento alle fattispecie disciplinate in tutto o in parte da ordinamenti stranieri, la verifica dell'insussistenza delle condizioni previste è effettuata sulla base di una valutazione di equivalenza sostanziale a cura dell'Organismo. Per l'iscrizione delle persone giuridiche negli elenchi i requisiti richiesti si applicano a coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo.

L’articolo 16 indica i requisiti patrimoniali necessari per l’iscrizione, prevedendo altresì che l'iscrizione nell'elenco è consentita previa sottoscrizione di una polizza di assicurazione, stipulata per l'attività svolta, i cui massimali, commisurati ai volumi di attività, sono stabiliti dall'Organismo.

L’articolo 17 demanda al Ministro dell'economia e delle finanze, con regolamento ministeriale, il compito di individuare le ulteriori cause di incompatibilità con l'esercizio dell'attività di agente in attività finanziaria e di mediatore creditizio.

L’articolo 18 stabilisce la composizione dell’Organismo competente per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, prevedendo che di esso facciano parte, oltre ad un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, un numero compreso tra tre e cinque membri, tra i quali è eletto il Presidente, scelti, all'interno delle categorie degli agenti in attività finanziaria, dei mediatori creditizi, delle banche, degli intermediari finanziari, degli istituti di pagamento e degli istituti di moneta elettronica, tra persone dotate di comprovata competenza in materie finanziarie, economiche e giuridiche nonché di caratteristiche di indipendenza tale da assicurarne l'autonomia di giudizio. L'Organismo cura la redazione del proprio statuto e di propri regolamenti interni, che contengono previsioni adeguate ad assicurare efficacia e legittimità nello svolgimento dei propri compiti.

L’articolo 20 individua le funzioni dell'Organismo, prevedendo che esso, tra l’altro, disciplina la struttura propria e delle sezioni territoriali al fine di garantirne la funzionalità e l'efficienza; istituisce l'elenco degli agenti in attività finanziaria e l'elenco dei mediatori creditizi e provvede alla loro custodia e gestione; verifica la permanenza dei requisiti necessari per l'iscrizione negli elenchi; verifica il rispetto delle regole di condotta nonché di ogni altra disposizione applicabile all'attività svolta dagli iscritti; verifica l'assenza di cause di incompatibilità, di sospensione e di cancellazione nei confronti degli iscritti negli elenchi; verifica l'effettivo svolgimento delle rispettive attività ai fini della permanenza dell'iscrizione negli elenchi.

L’articolo 21 prevede un’articolazione territoriale degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, i quali sono gestiti in forma elettronica. Le sezioni territoriali degli elenchi sono individuate dall'Organismo in numero non inferiore a tre e, in ogni caso, con riferimento al numero e alla distribuzione geografica degli iscritti. L'Organismo deve tenere a disposizione del pubblico gli elenchi aggiornati con modalità idonee ad assicurarne la massima diffusione.

L’articolo 22 disciplina la procedura per l’iscrizione negli elenchi e le informazioni in essi contenute, mentre l’articolo 24 reca ulteriori integrazioni al TUB, inserendovi un nuovo Capo IV-bis, intitolato “Agenti in attività finanziaria e mediatori creditizi”, contenente il nuovo articolo 140-bis, che sanziona l’esercizio abusivo nei confronti del pubblico dell'attività di agente in attività finanziaria ovvero di mediatore creditizio senza essere iscritto nell'apposito elenco.

Assumono altresì diretta rilevanza per gli intermediari del settore finanziario anche altre previsioni del decreto legislativo n. 141, che comportano per tali soggetti l’obbligo di adeguare e modificare il proprio modus operandi e la propria struttura operativa.

In particolare, vengono in evidenza il nuovo articolo 123 del TUB, il quale si occupa della pubblicità in sede precontrattuale, enunciando le informazioni che sono obbligatoriamente contenute negli annunci pubblicitari riportanti il tasso d’interesse o altre cifre concernenti il costo del credito.

Esse includono:

-              il tasso d’interesse (specificando se fisso o variabile) e le spese comprese nel costo totale del credito;

-              l’importo totale del credito;

-              il TAEG;

-              l’esistenza di eventuali servizi accessori, necessari per ottenere il credito o per ottenerlo alle condizioni pubblicizzate, ove i costi relativi non siano inclusi nel TAEG in quanto non determinabili in anticipo;

-              la durata contrattuale, se determinata;

-              l’importo totale dovuto dal consumatore, se determinabile, nonché l’ammontare delle singole rate.

A tali previsioni si connette il disposto del comma 6 del nuovo articolo 125-bis del TUB, il quale commina la nullità per le clausole contrattuali relative a costi a carico del consumatore non inclusi o non correttamente inclusi nel TAEG pubblicizzato nella comunicazione precontrattuale. La disposizione stabilisce inoltre che il consumatore non sia tenuto a pagare oneri non previsti dal contratto o non inclusi nel TAEG e prevede che, in caso di nullità o di mancanza delle clausole relative ai costi o alla durata del contratto, il TAEG non possa eccedere il rendimento minimo dei BOT la cui durata è di trentasei mesi.

Sempre relativamente alla disciplina degli obblighi precontrattuali, il nuovo articolo 124 del TUB, in ottemperanza a quanto previsto dagli articoli da 5 a 7 della direttiva 2008/48 prevede l’obbligo per l’intermediario di fornire al consumatore, ancor prima dell’offerta di credito o contratto, le informazioni necessarie per consentire un confronto delle diverse offerte sul mercato. Tali informazioni sono contenute in un modulo recante le cosiddette “Informazioni europee di base sul credito ai consumatori”.

Inoltre, la nuova norma esplicitamente prevede che al consumatore siano forniti chiarimenti adeguati, tali da consentire una valutazione della conformità del contratto di credito alle esigenze e alla situazione finanziaria del consumatore medesimo.

Il comma 6 dell’articolo 125-bis del TUB commina, per i casi di mancanza di indicazioni essenziali nel contratto, la nullità del contratto stesso.

In tale contesto il nuovo articolo 125-novies del TUB disciplina il contenuto minimo delle informazioni che gli intermediari del credito devono fornire negli annunci pubblicitari e nei documenti destinati ai consumatori in ordine all’ampiezza dei propri poteri e all’eventuale esclusività del rapporto coi soggetti finanziatori.

Parallelamente, il nuovo articolo 116 del TUB ha modificato radicalmente la normativa in materia di pubblicità, imponendo alle banche e agli intermediari di rendere noti in modo chiaro ai clienti alcuni elementi del contrato (tra cui i tassi di interesse, gli interessi di mora e, per le operazioni di finanziamento comunque denominate, il TAEG medio con finalità antiusura). 

e) Per ricadute sugli intermediari dell’intervento riformatore, con particolare riguardo ai temi della formazione 

In sintesi, la nuova disciplina definita dal decreto legislativo n. 141 del 2010 determinerà un impatto rilevante sugli intermediari finanziari, anche per quanto riguarda gli assetti organizzativi e gestionali, che possono essere sintetizzati, in estrema sintesi, nei seguenti termini:

1) i nuovi intermediari saranno soggetti a requisiti organizzativi, amministrativi e patrimoniali secondo un principio di proporzionalità: ciò comporterà la necessità di razionalizzare gruppi societari con più intermediari finanziari; 2) disegno e implementazione di un adeguato sistema di controllo interno, che richiede, tra l’altro, la predisposizione delle funzioni di revisione interna, di conformità e di controllo rischi, nonché la necessità di definire apposite regole di governance, policy interne e un impianto documentale aggiornato;

2) rispetto dei requisiti di Vigilanza prudenziale mediante la definizione di:

a) metodologie adeguate per la misurazione dei rischi;

b) procedure per la formazione dell’informativa al pubblico e per la definizione di una strategia;

c) un processo di controllo dell’adeguatezza patrimoniale attuale e prospettica;

3) previsione di nuovi obblighi di segnalazione periodica dei dati economici-patrimoniali nonché segnalazioni alla Centrale Rischi, Antiriciclaggio e Usura, che necessitano di appositi database segnaletici e di adeguati processi di controllo delle informazioni segnalate;

4) nuovi obblighi in termini di Financial Reporting nel rispetto dei principi contabili internazionali (IAS/IFRS), che richiedono la definizione di adeguati processi amministrativo –contabili;

5) sistemi informativi adeguati alle nuove esigenze, affidabili e con elevati livelli di sicurezza, nuovi presidi e programmi di Disaster Recovery e Business Continuity. 

                In tal contesto una problematica specifica attiene al tema della formazione.

A tale riguardo rilevano, in prima battuta, le previsioni introdotte dal decreto legislativo n. 141 del 2010, concernenti i requisiti di professionalità che i dipendenti ed i collaboratori degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, posti a contatto con il pubblico, devono possedere, ai sensi del nuovo articolo 128-sexies del TUB.

Inoltre, la nuova normativa richiede ai predetti agenti e mediatori di curare l’aggiornamento professionale dei medesimi dipendenti, in modo di assicurare che tale qualificazione professionale sia garantita nel tempo.

Una norma ancora più dettagliata in materia è quella dettata dall’articolo 14 del citato decreto legislativo n. 141, il quale definisce i requisiti di professionalità richiesti specificamente per le persone fisiche che intendano iscriversi nell’elenco degli agenti in attività finanziaria.

A garanzia di tali previsioni sono posti i poteri amministrativi e sanzionatori riconosciuti dal nuovo articolo 128-octies del TUB, nonché dagli articoli 20 e 23 del decreto legislativo n. 141, all’Organismo associativo chiamato a gestire gli elenchi degli agenti e dei mediatori.

In particolare, l’Organismo è chiamato:

- a valutare, attraverso sistemi valutativi, l’adeguatezza professionale dei soggetti che chiedono l’iscrizione nell’elenco degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi;

- a curare l’aggiornamento professionale degli iscritti;

- a stabilire gli standard dei corsi di formazione che le società di mediazione creditizie sono tenute a svolgere nei confronti dei propri dipendenti o collaboratori;

- a vigilare sul rispetto del dovere di aggiornamento professionale, richiedendo la trasmissione periodica di copia degli attestati rilasciati all’esito dei corsi di formazione.

Inoltre, si prevede che l’organismo possa comminare agli iscritti specifiche sanzioni amministrative per l’inosservanza degli obblighi di aggiornamento professionale. 

                Al di là degli aspetti tecnico-normativi, occorre tuttavia, considerare il tema della formazione degli intermediari del settore del credito al consumo in una prospettiva più ampia, che si richiami al principio fondamentale cui si connettono, in modo più o meno esplicito, gli interventi di riforma adottati in questo campo dal legislatore europeo e da quello nazionale.

Occorre infatti ricordare che, a partire dalla direttiva 2004/39/CE (cosiddetta direttiva MIFID) la normativa comunitaria e, quindi, conseguentemente quella nazionale, hanno inteso rovesciare l’ottica che presiede ai sistemi di regolazione e controllo circa l’operato degli intermediari finanziari, intesi in senso ampio, con particolare riferimento ai rapporti con la clientela.

In estrema sintesi, infatti, si è passati da un approccio che prevedeva la fissazione di una serie di obblighi e precetti cui l’intermediario doveva attenersi, ad un altro, ben più stringente e complesso, in base al quale è l’intermediario a dover adottare una serie di comportamenti volti alla tutela attiva degli interessi del cliente.

Tale strategia si basa fondamentalmente sull’obbligo, imposto agli intermediari, di acquisire informazioni ed analizzare le conoscenze ed esperienze in materia finanziaria del cliente stesso, al fine di poter raccomandare o selezionare quegli servizi o strumenti finanziari che risultino più adeguati al profilo patrimoniale e di rischio di quest’ultimo, il quale deve essere necessariamente informato dall’intermediario nel caso in cui il prodotto o servizio prescelto non risulti adeguato al suo profilo.

Questa impostazione risulta confermata anche nell’assetto complessivo della direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori, recepita nell’ordinamento italiano proprio con il decreto legislativo n. 141 del 2010.

In particolare la predetta direttiva reca una previsione analoga a quanto stabilito dalla direttiva MIFID, stabilisce, all’articolo 8, che il creditore ha l’obbligo di valutare, sulla base di adeguate informazioni, il merito creditizio del consumatore, anche al fine di verificare l’adeguatezza del prodotto creditizio rispetto alle condizioni reddituali e patrimoniali del consumatore stesso.

Tali previsioni hanno trovato diretta corrispondenza nei nuovi articoli 124-bis e 125 del TUB, introdotti dal decreto legislativo n. 141.

In particolare, l’articolo 124-bis, comma 1, prevede che, prima della conclusione del contratto, il finanziatore debba valutare il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate, anche utilizzando quelle fornite dal consumatore stesso, nonché avvalendosi delle banche dati creditizie pertinenti in materia (i sistemi di informazione creditizia – SIC).

Ancora più in dettaglio, il comma 2 del medesimo articolo 124-bis specifica che, nel caso di aumento significativo dell’importo totale del credito, il finanziatore ha l’ulteriore obbligo di aggiornare le informazioni finanziarie relative al cliente.

In connessione con le previsioni dell’articolo 124-bis, l’articolo 125 impone invece ai gestori delle banche dati che contengono informazioni nominative sul credito di consentire l’accesso ai soggetti finanziatori degli Stati membri dell’UE, a condizioni non discriminatorie rispetto a quelle previste per i soggetti abilitati in Italia.

Inoltre, i commi da 2 a 5 dell’articolo impongono ai finanziatori:

- di comunicare con immediatezza e gratuitamente al consumatore il rifiuto della domanda di credito;

- di informare il consumatore la prima volta che segnalano ad una banca dati creditizia informazioni negative a suo nome;

- di assicurare che le informazioni comunicate alle banche dati siano esatte e aggiornate, operando tempestivamente la rettifica in caso contrario;

- di informare il consumatore sugli effetti che le informazioni negative a suo nome possono avere sulla sua capacità di accedere al credito.

A prescindere dagli aspetti di dettaglio, appare evidente come la nuova filosofia sottesa alla regolazione dei rapporti tra intermediari finanziari e consumatori determini, anche nel settore del credito al consumo, l’esigenza di innovare radicalmente l’impostazione e le modalità di formazione degli intermediari e del loro personale.

Non sarà, infatti, più sufficiente limitarsi ad addestrare il personale a svolgere pratiche standardizzate, ispirate a ragioni di marketing ovvero al rispetto di previsioni formali di legge. Al contrario, occorrerà che tale personale acquisisca una mentalità nettamente più dinamica, in grado di interagire con il cliente e di comprenderne le condizioni economico - patrimoniali e le reali necessità finanziarie.

In tal modo l’intermediario non dovrà porsi esclusivamente come venditore o collocatore di un prodotto finanziario, nell’esclusivo interesse della redditività dell’impresa, ma dovrà rivestire il ruolo, assai più complesso e qualificato, di vero e proprio consulente, che si relaziona con il cliente non per indurlo ad acquistare un prodotto purchessia, ma per aiutare il cliente stesso a chiarire quali siano le sue reali esigenze e ad individuare la soluzione finanziaria che meglio si attaglia a queste ultime.

Si tratta, come già accennato in precedenza, di una vera e propria rivoluzione copernicana, che, per non ridursi a mera enunciazione retorica, dovrà accompagnarsi ad una complessiva rivisitazione, a tutti i livelli, degli assetti degli intermediari, non solo sotto il profilo meramente organizzativo gestionale, ma anche oserei dire, sotto il profilo etico.

Pur senza indulgere eccessivamente in considerazioni di natura morale, occorre tuttavia considerare come uno dei principali elementi che, in un sistema equilibrato, devono essere alla base del successo di un operatore finanziario sia costituito anche dal patrimonio reputazionale, vale a dire, in altre parole, dal grado di fiducia che i consumatori, siano essi investitori oppure prenditori di credito, ripongono nell’istituzione finanziaria cui si rivolgono.

Tale considerazione acquista un’evidenza tanto più forte alla luce delle vicende che hanno portato alla recente, sconvolgente crisi finanziaria. La storia di questi ultimi anni ha infatti ribadito con forza come un sistema finanziario e creditizio basato sull’opacità dei comportamenti, sulla confusione dei meccanismi di incentivo, sull’infedeltà delle valutazioni, sull’illusione finanziaria, sia necessariamente destinato al disastro, travolgendo con se, quel che è più grave, le strutture dell’economia reale e le aspettative di vita dei cittadini più deboli.

A questo proposito occorre peraltro segnalare come il tema della formazione, inteso nel suo senso più ampio ed esaustivo, non riguardi esclusivamente gli operatori professionali del credito, ma investa anche gli stessi consumatori,

La circostanza che i consumatori ed i risparmiatori italiani si sono avvicinati in maniera diffusa solo in tempi relativamente recenti ai prodotti finanziari e creditizi più complessi ed innovativi, rende infatti particolarmente importante che essi maturino una maggiore consapevolezza circa i prodotti che acquistano, le caratteristiche dei contratti che sottoscrivono, ed il rapporto tra il proprio reddito e gli oneri derivanti dall’assunzione del debito, così da tutelare i propri interessi e contribuire a rendere il mercato più efficiente, responsabile, concorrenziale e trasparente.

A tale proposito ribadire l’esigenza, segnalata nel documento conclusivo della già citata indagine conoscitiva svolta dalla Commissione Finanze, di definire una strategia istituzionale che consenta di migliorare il grado di educazione finanziaria dei risparmiatori e dei consumatori italiani, in un’ottica di tutela dei propri diritti. 

In tale contesto, e sempre rimanendo sul tema della formazione, una problematica ancora più generale, e particolarmente scottante, riguarda il vasto settore degli operatori della distribuzione commerciale (cosiddetti dealer) che sono coinvolti nel collocamento al pubblico di prodotti di credito al consumo.

E’ il caso, tipicamente, degli addetti alle vendite presso i concessionari automobilistici. Tali operatori, nella massima parte dei casi, non sono infatti dotati di alcuna specifica qualificazione in ambito creditizio e non sono dunque, spesso, nemmeno in grado di illustrare correttamente al consumatore le caratteristiche e le clausole specifiche del contratto di finanziamento, né tantomeno di assicurare una consulenza adeguata rispetto alle esigenze di quest’ultimo.

Si tratta, evidentemente, di un settore vastissimo, in cui il tema della formazione riveste importanza cruciale, in quanto, in moltissimi casi, proprio le strutture della distribuzione commerciale costituiscono il punto di contatto tra il pubblico dei consumatori ed il mondo degli intermediari del credito al consumo, il luogo dove più frequentemente vengono concretamente stipulati contratti di finanziamento, per lo più in assenza di condizioni che possano garantire il livello di trasparenza e di tutela dei diritti del consumatore che sono invece alla base dell’intervento riformatore che ho appena illustrato.

Tale circostanza rende dunque ancora più grave che tale settore presenti le maggiori carenze proprio sotto il profilo della formazione specifica degli addetti.

Il tema è stato segnalato dalla Commissione Finanze nel documento conclusivo dell’indagine conoscitiva in precedenza ricordato.

In tale ambito la Commissione ha raccomandato di avviare una riflessione anche sulla formazione di tale personale, prevedendo, ad esempio, modalità di formazione minima obbligatori.

Si tratta, evidentemente, di un tema ancora aperto, ma che dovrà essere affrontato al più presto, anche con la collaborazione delle organizzazioni rappresentative del settore, seguendo un approccio che tenga evidentemente conto delle esigenze degli operatori del commercio, evitando oneri eccessivi a loro carico, ma che, soprattutto, consenta di eliminare le zone grigie e le storture evidenziate in questo campo.

E’ infatti necessario, in primo luogo, dare al singolo consumatore la possibilità di operare le proprie scelte di acquisto, e le relative opzioni in materia di finanziamento, in un contesto chiaro, che lo renda pienamente consapevole degli oneri cui va incontro e degli obblighi cui si vincola.

A tale riguardo ci si può dunque interrogare se non sia opportuno riaprire il dibattito su alcuni previsioni, quali ad esempio il comma 6 dell’articolo 124 del TUB, sostituito dal decreto legislativo n. 141 del 2010, che esentano i fornitori di merci o i prestatori di servizi che agiscono come intermediari del credito dagli obblighi di informativa precontrattuale, verificando se tali disposizioni non rischino di mantenere in tale ambito una lacuna pericolosa per la tutela del consumatore. 

Per concludere queste mie note con una considerazione di portata generale, e, se mi consentite, filosofica, ritengo che il leit motif fondamentale che deve guidare la riflessione e l’intervento regolatore anche in questo settore specifico, debba essere, utilizzando il titolo di un libro di Bruno Leoni (un grande, ma misconosciuto protagonista del pensiero liberale italiano), “ridare la sovranità al consumatore”.

In altre parole, e ricorrendo, questa volta, ad un concetto caro al personalismo cattolico, occorre anche in tale ambito, porre al centro dell’azione politica, amministrativa e giurisdizionale, la persona, l’uomo, nelle sue infinite sfaccettature e nei suoi multiformi ruoli, quali quelli di cittadino, di elettore, nonché, appunto, di consumatore. 

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