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La manovra Monti: è iniziata la macelleria sociale

 

 

15 dicembre 2011 (MoviSol) - La brutale manovra varata dal governo Monti sotto dettatura UE mostra chiaramente che si vuole che l'Italia imbocchi la strada della Grecia.


 

Siamo nelle mani degli stessi folli contabili che non hanno saputo prevedere lo scoppio della crisi sistemica globale e che, una volta scoppiata la crisi, non hanno nemmeno fatto autocritica. La politica di tagli al bilancio che una volta si associava al Cancelliere Bruening per far capire che è l'anticamera della dittatura, oggi viene applicata per puntellare il sistema finanziario, costringendo gli stati a dissanguarsi fino all'insolvenza per non voler riconoscere l'insolvenza del sistema privato.

I numeri della manovra Monti: secondo la CGIA di Mestre essa non è di venti miliardi ma è il triplo. Infatti, leggendo la Gazzetta Ufficiale, la manovra risulta di 20 miliardi quest'anno e di altri 21 miliardi all'anno nei prossimi due anni. Totale: 62,9 miliardi. Se si aggiungono le altre manovre varate dal governo Berlusconi quest'anno, il salasso complessivo da qui al 2014 è di 208 miliardi. L'effetto combinato dell'IMU sulla prima casa e del congelamento delle pensioni provocherà 1,6 milioni di nuovi poveri, ha calcolato l'Istat. Inoltre, sempre la CGIA ha stimato che nel triennio 2012-2014 l’impatto medio su ciascuna famiglia italiana sarà di quasi 2.500 euro, poco più di 830 euro all’anno. Calcolando anche gli effetti delle due manovre del governo Berlusconi, il costo che ogni nucleo familiare dovrà farsi carico nel quadriennio 2011-2014, sarà pari a 8.266 euro, poco più di 2.000 euro all’anno.

Queste cifre, tuttavia, non sono sufficienti a spiegare l'intero impatto recessivo della manovra. Essa si abbatte anche su settori produttivi come l'agricoltura. Il comparto agricolo ha già sofferto aumenti dei prezzi dei carburanti del 46% quest'anno. L'IMU sui fabbricati commerciali colpirà con un rincaro del 300%. Stretti tra l'aumento dei costi e la concorrenza dei produttori stranieri, molti coltivatori italiani saranno costretti a chiudere.

È evidente che la manovra di Monti non basterà a rientrare nel target del deficit. Non solo scatterà il prospettato aumento dell'IVA in ottobre, ma sarà necessario un altro salasso.

Per chi non è accecato dalla follia contabile è chiaro che l'Italia sarà strozzata dal sistema Euro. In una audizione alla Commissione Prezzi del Senato, il prof. Paolo Savona ha correttamente affermato che Monti avrebbe dovuto chiedere a Bce e a Efs una linea di credito a disposizione dell’Italia di almeno 800 miliardi di euro, quanti ne servirebbero per impostare un piano di rientro del debito pubblico nei parametri di Maastricht (e cioè abbattere il debito pubblico al 60% del PIL). Non averlo fatto ci costringerà ad altre manovre "che colpiranno i redditi bassi e tutti i redditi" e a perdere gratis la propria sovranità e quindi "parte della democrazia". Il voler rimanere nell'Euro ci è già costato tantissimo, ha osservato Savona. "Quando vedo che ci sono titoli delle banche che sono scesi da 100 a 63 e i titoli dello Stato che sono andati intorno al 70, noi abbiamo già avuto un danno dell’ordine del 30-35%. Abbiamo pagato un costo altissimo per rimanere quest’anno nell’Euro". Savona calcola che uscire adesso ci costerebbe un altro 20-25% percento, un danno però che va paragonato a quanto ci costerà ulteriormente rimanere.

Secondo il prof. Savona, l'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti avrebbe approntato un "Piano B" per uscire dall'Euro, e glielo avrebbe comunicato lo scorso agosto. "Non so se è vero, ma potete chiederlo voi parlamentari al governo. Può essere che ci sia davvero un piano scritto", ha dichiarato Savona di fronte alla Commissione.

Se questa notizia fosse confermata, si chiarirebbero ulteriormente le circostanze della "defenestrazione" di Tremonti e dell'intero governo di cui faceva parte, da parte della "democrazia dei mercati". Nella stessa audizione, l'avv. Agostino D'Antuoni ha auspicato che l'Italia esca al più presto dall'Euro, ripristini la sovranità monetaria e di bilancio e negozi con le banche francesi un concordato sui titoli del Tesoro in loro possesso. D'Antuoni ha correttamente indicato la causa della crisi nell'abolizione della separazione bancaria adottata con la legge Glass-Steagall, e non nelle politiche di bilancio nazionali.

A seguito dell'audizione, un deputato del PDL ha chiesto al governo Monti se non sia opportuno un ripensamento sul ritorno alla Lira. "Se come prospettato dagli esperti auditi quest'oggi in Senato Paolo Savona e Agostino D'Antuoni – ha dichiarato Alessandro Pagano, componente della Commissione Finanze della Camera - le entrate ottenute dalla nuova manovra si riveleranno insufficienti a risanare il debito pubblico, tenuto conto, inoltre, dell'imminente scadenza dei Btp agli attuali tassi d'interesse, come pensa il governo di ovviare a questo grave squilibrio? Forse con un susseguirsi indefinito di manovre 'lacrime e sangue'? Non sarebbe forse opportuno ripensare seriamente e senza alcuna velleità demagogica o ideologica al ritorno alla moneta nazionale, la quale potrebbe determinare concrete prospettive di crescita attraverso lo strumento della svalutazione 'programmata' o 'strategica'?".

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