IL PAPA E IL PRESIDENTE
Mercoledì 01 Maggio 2013 01:00
Joseph Ratzinger, Papa Emerito Benedetto XVI e Giorgio Napolitano, Capo dello Stato italiano, sono entrambi ultra ottantenni, 87 anni il primo e 88 anni il secondo. Ad entrambi, a distanza di pochi mesi uno dall'altro, è toccato lo stesso destino. Andiamo in ordine:
Benedetto XVI vive gli ultimi mesi del suo Pontificato nel dramma di chi capisce che la Chiesa Cattolica, la sposa di Cristo, è pesantemente minacciata da forze occulte internazionali e da pericolosi intrighi interni, così come lo scandalo "Vaticanleaks" ha fatto emergere nella sua gravità. Anche le indagini commissionate da Benedetto XVI e condotte dai Cardinali Tomko, De Giorgi e Herranz confermano che "il fumo di Satana" è davvero entrato in Vaticano. Benedetto XVI già pesantemente provato da un punto di vista fisico e fin dal primo giorno bersagliato dalla stampa progressista, capisce che la Chiesa non può sopportare un ulteriore scandalo e nel silenzio di un dolore composto, si dimette. L'uomo più in vista del pianeta decide, in assoluta umiltà e piena responsabilità, di dimettersi per consentire che lo Spirito Santo trovi una nuova guida per la Chiesa.
Giorgio Napolitano vive gli ultimi mesi del suo settennato alla Presidenza della Repubblica con la consapevolezza che l'Italia sta attraversando la più grave crisi istituzionale ed economica della sua storia. Con chiarezza e lucidità conferma che non avrebbe mai accettato alcuna riconferma. Poi, di fronte alle richieste di tutti, in primis, da Silvio Berlusconi che gli fanno capire che nessun Presidente della Repubblica sarebbe mai stato eletto, stante il clima che c'era in parlamento, accetta di essere riconfermato Capo dello Stato. L'uomo politico più amato d'Italia, decide, in assoluta umiltà e piena responsabilità di accettare la riconferma ponendo una sola condizione: che nasca un governo di "pacificazione sociale" che faccia cessare le guerre di uno contro l'altro, un governo di "solidarietà nazionale" dove tutti possono stare senza odio accanto all'avversario del giorno prima. Tutti assieme per il bene del Paese oppure non se ne faceva niente.
Entrambi in umiltà e responsabilità hanno preso due decisioni apparentemente opposte (uno lascia, l'altro accetta) solo perché hanno riconosciuto l'Altro e hanno deciso di sacrificarsi solo per amore di un Altro.
Nella psicologia di ogni uomo c'è la tentazione di "addomesticare la realtà", di trincerarsi dentro le proprie sicurezze individuali e/o sociali, di "fregarsene" di ciò che sta succedendo attorno a lui, di pensare solo a se stessi.
Solo quando c'è il riconoscimento dell'altro si ha la forza di prendere decisioni forti. Decisioni che spesso sono più pesanti delle spalle che le dovrebbero sopportare ma che nonostante tutto si prendono perché la storia dell'umanità è segnata da questo tipo di gesti.
Forse è questa la sintesi della storia del Papa e del Presidente, due vecchietti che anziché godersi le loro sicurezze individuali dall'alto delle loro rispettive posizioni di rendita, hanno deciso di sacrificarsi per un Altro. L'Altro, erano rispettivamente la Chiesa e l'Italia, ma per ciascuno di noi potrebbe essere qualsiasi altra cosa per cui vale la pena sacrificarsi.
La storia ci dirà a cosa condurrà il loro sacrificio ma l'osservazione del reale ci spiega che oggi la Chiesa ha un grande nuovo Papa e l'Italia un nuovo Governo. E la speranza che sembrava smarrita è stata ritrovata!
Alessandro Pagano