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Resoconto stenografico degli interventi dell’On. Pagano sulla proposta di legge recante “Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi”. Giovedì 29 maggio 2014

 

 

 

ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, io ho colto nelle parole dell'onorevole Moretti una contraddizione in termini che è stata già evidenziata da chi mi ha preceduto, cioè come se fossero state prese in esame tutte le sensibilità.


Però, ancora una volta rafforzo quello che è stato già detto, e cioè le sensibilità attengono soltanto a un aspetto, quello prettamente giurisdizionale, giuridico, che dir si voglia, e cioè il fatto che c’è un contenzioso tra due soggetti e nessuno ha tenuto in debito conto, in nessun modo, in questo ragionamento che è stato porto a più livelli, è stato mai esaminato il punto di vista del più debole: perché nessuno tiene in debita considerazione che c’è un soggetto debole in tutta questa vicenda, e cioè il minore, il bambino, colui che evidentemente soffre da tutta questa vicenda.

È risaputo, è noto che per i bambini, anche per i coniugi, una qualsiasi forma di separazione è un trauma pressoché insuperabile per una fase della propria vita, è come strappare un braccio, ci hanno spiegato mille volte gli psicologi, eppure, nonostante tutto, non si è mai tenuto conto nei lavori di Commissione che quel bambino lì c'era un'esigenza di tutelarlo e di difenderlo. C'era l'esigenza di guardarlo con attenzione. E mi si dirà: ma cosa significa guardarlo con attenzione ? Qualcuno ha detto in Commissione: vedere le liti dei coniugi. Ebbene, non è così ! Non è così perché i tempi supplementari, in casi come questi, non sono una frase fatta, servano per far riflettere le copie di buon senso, per far capire concretamente che c’è la possibilità di superare tutto questo momento difficile. E io dico questo non perché sia un aspetto psicologico, così, etereo, che viene detto in quest'Aula tanto per parlare.

Io le cito, Presidente, e lo dico a tutta l'Aula, un dato statistico inquietante che offro all'intelligenza e alla sensibilità di tutti coloro che ascoltano o che, comunque, hanno voglia di ascoltare. Si immagini che a leggere i dati ISTAT del 2012 – quindi, soltanto due anni fa – si scopre che il 40 per cento delle separazioni pronunciate dal 1998 al 2010 non è sfociato in un divorzio: sono rimaste separazioni. Perché separazioni e non divorzi ? È il 40 per cento, quindi è una cifra importante. Perché, evidentemente, nell'interesse del bambino, nell'interesse anche del rapporto tra la coppia, si raggiunge un grado – uso una frase che spesso sentiamo dire – di civiltà. Abbiamo un rapporto civile tra me e mio marito, io e mia moglie abbiamo un rapporto civile: quante volte abbiamo sentito dire questo ?

Allora, è evidente che non c’è bisogno del trauma, non è necessario, quando arrivi a litigare e a tirarti i piatti in faccia, tagliare subito, perché spesso, dopo quel primo momento traumatico, emerge il buon senso, e dici: abbiamo l'interesse – che in questo caso coincide con l'interesse della coppia in quanto tale, ma anche e soprattutto con l'interesse del bambino – di stare assieme in un contesto di civiltà. Tutto questo produce un effetto benefico per il bambino, tutto questo produce che quel bambino non sia traumatizzato da una lite o, comunque, in generale, da una separazione, perché quel bambino ha bisogno della mamma, ma ha bisogno anche del papà.

Questo è il dramma di questa Commissione, questo è il dramma di quest'Aula, qualora non riuscisse a capire, a percepire che siamo di fronte a un soggetto debole in quanto tale da tutelare. Ed è per questo che invito alla riflessione tutta l'Aula e ciò al di là delle posizioni e degli schieramenti – mi avvio alla conclusione, Presidente – di principio, perché qui ho l'impressione che venga calata dall'alto una sorta di ideologia, che, in questo caso, è dell'ego, del superego: l'ideologia di pensare a chi, nel caso specifico, siccome sta andando male il matrimonio, deve tagliare presto e subito. Ma presto e subito è possibile farlo quando sei solo con la tua vita, ma quando c’è un frutto della tua vita coniugale o dei frutti, che sono i minori, hai il dovere di stare attento a quello avviene là dentro.

Ecco perché, al di là di tutto, chiedo un voto di coscienza, qui non è un problema di calare dall'alto: c’è anche un'esigenza concreta di testimoniare che non esiste una posizione radical chic che viene calata dall'alto e che esiste anche una necessità di stare attento a chi è più debole. Ci sciacquiamo la bocca e facciamo i gargarismi di solidarietà di pensare agli altri, parliamo di Terzo Mondo, di soggetti che arrivano e, poi, abbiamo il debole sotto casa, abbiamo il bambino, che è il soggetto debole, che è dietro l'angolo, e nessuno ci pensa. Il sottoscritto con questo intervento intende sollecitare le coscienze di ognuno e di tutti.

ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, io francamente avrei preferito intervenire nella fase precedente. Però abbiamo capito perfettamente che è stato un momento di non visivo contatto, quindi il mio intervento va inquadrato – lo dico in premessa e spero che non venga conteggiato nel tempo – nel ragionamento che in verità dovrebbe essere fatto sull'articolato precedente.

Io vi faccio una   domanda. La faccio a me stesso e ovviamente la faccio a tutti: perché portare il termine da tre anni a uno e favorire la fretta ? Penso che il senso di tutto ciò vada sintetizzato in una parola: perché tutta questa fretta ?

Ora, chi non si vuole risposare non ha bisogno del divorzio e questo è stato ormai confermato, ancora una volta, da indagini statistiche: il 50 per cento di coloro che si separano non si vuole più risposare – così ci dice l'ISTAT – e rimane così com’è. Perché questo ? Perché, evidentemente, dopo il trauma che hanno avuto, i coniugi evidentemente ci pensano ben tre, quattro o cinque volte prima di fare un passo così importante. Da questo punto di vista, ritengo che la presentazione della proposta contenga un elemento inquietante. Leggo testualmente: «intralcio per la formalizzazione delle ulteriori scelte di vita», il che mi sembra veramente demagogico perché trovo veramente improbabile che una persona, dopo un anno, rischi di fare un altro errore dopo che ha avuto il trauma a cui ho accennato.

Tra l'altro, vi è un dato che, secondo me, pochi hanno evidenziato. Pochissimi, per non dire nessuno, si sono soffermati sul bambino, ma pochi hanno evidenziato il fatto che esiste una parte debole ogni volta che c’è una separazione e questa parte debole è evidente che deve essere tutelata.

Quando le separazioni sono figlie della fretta, lo sono perché uno dei coniugi intende andarsene perché si è invaghito magari di un'altra persona, oppure perché ci sono nuovi scenari economici che uno vuole affrontare senza avere più tra i piedi chi evidentemente è diventato scomodo. Chi, quindi, rischia di più quando ci sono questi scenari ? Certamente, il soggetto più debole economicamente; è la persona che viene schiacciata dalla scelta dell'altra e, quindi, automaticamente trova o ha l'occasione di fare un accordo proprio perché è debole. Se avesse più tempo da questo punto di vista ci penserebbe, supererebbe la fase di criticità da un punto di vista psicologico e affronterebbe meglio le questioni.

Perché dico tutto questo ? Perché la parte debole, nove volte su dieci, è la donna. Qui abbiamo fatto dibattiti incredibili sul femminicidio, abbiamo detto le cose più incredibili, tutti si sono sbizzarriti, specialmente la parte opposta del mio emiciclo, a raccontare di casi umani, a dire le cose come stanno, che c’è una parte debole femminile che va tutelata, che le coppie hanno una parte debole nelle donna, che poi viene martoriata e uccisa innumerevoli volte e poi entriamo in una contraddizione palese, con una scelta che, secondo il mio modesto parere, è di tipo ideologico.

Questo mio aspetto non è un teorema – lo confermo perché mi piace citare   dati – perché in questo caso provo a ricordare che, nove volte su dieci, i casi di femminicidio hanno visto la presenza di ex: ex coniugi o ex fidanzati, ma soprattutto ex coniugi.

Allora, ritengo, da questo punto di vista, che una riflessione vada fatta, perché, alla fine, non viene tutelata la parte debole, quindi occorre prevedere tempi supplementari. Il legislatore, ossia chi ha elaborato la legge prima di noi, non è che non sia stato saggio ! Presidente, qui pare che stiamo parlando del divorzio: ma che divorzio ! Il divorzio c’è già. Non è un problema di scelta etica, questo è un problema di scelta di buon senso. Se hai il tempo a disposizione, visto che alla fine non tutti sono così bisognosi di andare a risposarsi di nuovo, come dicono le statistiche, il tempo a disposizione serve a tutelare il bambino, come abbiamo detto nell'intervento precedente, ma serve anche a tutelare la parte più debole, che supera il momento di difficoltà e sa come reagire.

Allora, io mi rivolgo a tutte le donne   che qui ci hanno riempito di argomentazioni – e devo dire anche con argomenti, appunto, il più delle volte interessanti – e che oggi, invece, stanno mettendo nelle mani, tra virgolette, del soggetto più forte il soggetto più debole che, ripeto, è la donna.

Allora, io penso che questa sia realmente ideologia, perché ci siamo messi in testa che dobbiamo accelerare tutto e tutti, perché lo Stato, che mette il naso su tutto negli aspetti burocratici e blocca la nostra economia e la nostra società, qui invece, sul matrimonio, ha detto: «ma sì, tutti liberi, fate quello che volete», anche se poi a pagare evidentemente è il soggetto più debole, cioè la donna.

Ho concluso. Ritengo che questa sia pure una riflessione a vantaggio di tutti gli ascoltatori.

ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, io sorrido e ricordo a me stesso una frase di Chesterton, quando diceva: verrà un momento in cui l'umanità impazzirà a tal punto che anche dichiarare che le foglie sono verdi sembrerà una cosa strana. Mi sembra di essere esattamente in questa fase. Per cui lasciare memoria scritta in un autorevole consesso come questo penso che servirà più che altro ai posteri per dire: ma insomma era veramente un periodo dove non si ragionava più, dove non si portavano avanti tesi a favore dei più deboli. C’è stato quel momento storico – perché così sarà dipinto dai posteri questo momento che stiamo vivendo – dove il soggetto era un numero e dove l'egoismo e le soddisfazioni personali avevano il privilegio. Lo leggeranno così i posteri, ne sono certo.

Dico tutto questo, Presidente, sempre con il massimo rispetto di tutti, perché mi diverto a citare le statistiche. Se fossero impressioni personali del sottoscritto o degli altri che sono intervenuti, ebbene sarebbe la follia di Alessandro Pagano, cioè ognuno dice quello che vuole dire. No, perché io vi pongo di fronte dati assolutamente incontrovertibili. E, allora, ascoltate un attimo cosa ci dice questo studio americano, The case for marriage, ripreso in Italia e ripetuto pari pari da un punto di vista sondaggistico. Il caso americano è stato ulteriormente ripreso anche in Italia ed è stato confermato negli stessi numeri, lo dico virgolettato: «Su un campione di persone le quali consideravano infelice il proprio matrimonio, cinque anni più tardi – superato il momento di crisi, superato il momento in cui si tiravano i piatti addosso – il 64 per cento di coloro che erano rimasti assieme dichiarava che il loro matrimonio era poi nel frattempo diventato molto felice». Cioè: ma chi è che non ha crisi in questo mondo ? Ma in una società così conflittuale come quella di oggi, dove litighiamo per la macchina quando c’è un incidente stradale anche banale, dove con il vicino di casa non riusciamo a metterci d'accordo nemmeno se appendere un quadro nel corridoio del pianerottolo, dove si litiga sulle banalità più assolute, dal calcio per arrivare alle cose realmente importanti, perché ciò non deve accadere in un contesto quale quello familiare, dove tutto sommato vi sono le posizioni fra due soggetti diversi che la pensano in maniera diversa su molte cose?

E allora è normale, è assolutamente normale che ovviamente ci siano anche posizioni differenti, senza poi parlare di tutto quello che evidentemente sopravviene: crisi, corna, metteteci tutto quello che volete, fatti economici. E, allora, il dato dove sta ? Che il tempo aiuta la stabilità della coppia. Siamo tutti d'accordo – ma c’è un'ipocrisia di fondo – che alla base di tutto ci sia la famiglia, che non è un optional, che è la base più importante su cui si regge questa società civile.

Vi divertite tutti a dire «meno male che c’è la famiglia, ammortizzatore sociale, la famiglia capace di risolvere i problemi», tutti si sciacquano la bocca e, poi, quando c’è da dire «diamo i tempi supplementari, facciamo le cose come ha detto il legislatore degli anni Settanta e poi anche quello successivo», perché dobbiamo tagliare subito, immediatamente ? Forse il tempo dimostrerà che possono mettersi d'accordo. Forse il tempo dimostrerà che troveranno la felicità. E non è più un forse, Presidente: il 64 per cento, cioè ogni tre coppie che litigano in un certo momento storico, se superano il momento difficile, due coppie di queste tre dichiarano di essere molto felici. Quella che era la crisi del settimo anno ora è diventata del settimo mese.

Allora, ecco il senso del ragionamento per cui non si taglia subito.

E vi dico di più: sempre lo stesso studio americano, riconfermato dagli italiani, dice che il 19 per cento di quelli che, invece, hanno litigato e che poi si sono rifatte altre situazioni sono molto felici. Quindi, attenzione, solo il 19 per cento di quelli che hanno chiuso la relazione si dichiara felice e il 64 per cento di quelli che, invece, hanno avuto la forza di resistere, di pensare che, forse, vi era un figlio, che, forse, dall'altra parte, quella con cui si era stati una vita non era poi così male, e se la tengono per un po’, nonostante le difficoltà, dopo un po’ dicono: «meno male che sono rinsavito».

Quel rinsavimento che le coppie dimostrano nei fatti, questo Parlamento   non lo vuole dimostrare. Solo 34-35 persone che mediamente dichiarano quello che hanno dichiarato nel voto. Presidente, Chesterton aveva ragione; mi auguro, prima o dopo, che questi fatti non vengano a ritorcersi nei confronti della nostra società.

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