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Interrogazione dell'On. Alessandro Pagano al Ministro dello Sviluppo Economico sulla questione dello stabilimento Eni di Gela.31 Luglio 2014.

 

 

 

 

PAGANO - Al Ministro dello Sviluppo Economico -


Per sapere - premesso che:

l’annuncio di Eni sulla volontà del gruppo di riconvertire la raffineria di Gela in bio raffineria sta destando reazioni fortemente preoccupate tra i lavoratori del gruppo e le aziende dell’indotto nonché in tutta la Sicilia per le gravissime conseguenze economiche che conseguiranno all’entrata a regime dell’operazione;

il rischio che il piano proposto dai vertici Eni possa in realtà preludere ad un drastico dimensionamento produttivo, con conseguente chiusura degli impianti, è tale che da quasi un mese i dipendenti del gruppo e le aziende dell’indotto sono in stato di agitazione.

L’eventualità che il piano possa celare l’intento di una dismissione vera e propria ha, inoltre, dato il via a Gela, nella giornata di lunedì 28 luglio, ad una grande manifestazione di protesta che ha visto la straordinaria mobilitazione di ventimila persone: non solo lavoratori e organizzazioni sindacali ma anche tantissimi cittadini e rappresentanti delle istituzioni. Sempre lunedì 28 luglio è stato proclamato uno sciopero generale in tutte le aziende del gruppo in difesa della raffineria di Gela, registrando un’adesione del 90%, mentre l’azione di protesta è proseguita anche nella giornata di martedì 29 luglio con un presidio in Piazza Montecitorio;

i timori sul futuro dello stabilimento di Gela risultano confermati da una serie di circostanze oggettive e irrefutabili. In primo luogo, con gli scenari attuali il conto economico di una bio raffineria finirebbe per essere negativo. In particolare, lo sarebbe molto di più per lo stabilimento di Gela che ha una struttura di costi fissi molto elevata. Avviare la bio raffinazione a Gela significa dunque intraprendere un’attività in perdita sin dall’inizio, destinata alla chiusura in tempi rapidi.

Inoltre, se oggi la reperibilità della materia prima impiegata (oli di palma, colza, girasole) risulta piuttosto agevole, in futuro potrebbe non essere più così. Un mondo che non riesce a soddisfare il bisogno primario di cibo di gran parte della sua popolazione, non potrà consentire a lungo, infatti, lo sfruttamento di suolo agricolo per produrre energia anziché cibo. Si tratta di un ulteriore rischio insito nella bio raffinazione, un progetto quindi, occorre sottolineare, che può funzionare bene solo nei piccoli stabilimenti, ma non in quelli grandi come Gela;

in secondo luogo, le ragioni addotte dalla dirigenza Eni, ovvero la crisi della raffinazione in Europa, per giustificare il piano di riconversione dello stabilimento di Gela risultano smentite dalle iniziative di investimento e ampliamento del business intraprese dalle società concorrenti.

Tre settimane fa la Exxon, la più grande oil company sul mercato, ha infatti annunciato un maxi investimento riguardante la raffineria di Anversa per oltre 1 miliardo di euro, comprendente, tra l’altro, un grande cooking come Gela. Se grandi gruppi come Exxon hanno adottato tali decisioni  è inevitabile mettere in dubbio l’esistenza di una grave crisi della raffinazione in Europa, così come verrebbe rappresentata da Eni. Anche Gela, al pari della raffineria di Anversa, è in Europa, ma i piani della compagnia del “cane a sei zampe” sono in netta controtendenza rispetto alle strategie della concorrenza. A conferma delle forti perplessità su quanto stabilito dai vertici Eni, valga anche l’esempio della francese Total, la quale non sta chiudendo alcuno dei suoi stabilimenti in Europa;

mentre la dirigenza Eni lamenta dunque il perdurare di una grave crisi della raffinazione in Ue che obbliga il gruppo ad intraprendere la via della riconversione dei propri stabilimenti in prospettiva di un drastico dimensionamento produttivo, importantissime compagnie concorrenti stanno invece aumentando i propri investimenti. Alla luce delle iniziative dei grandi gruppi concorrenti, la strategia industriale di Eni appare, nel confronto con i propri competitors, assolutamente ingiustificata, tanto da connotarsi come una vera e propria exit strategy dalla raffinazione a Gela più che un piano di rilancio e sviluppo. Al riguardo, occorre ribadire come  Exxon sia disposta ad investire oltre 1 miliardo di euro in uno stabilimento, quello di Anversa, avente le medesime caratteristiche di quello di Gela, mentre Eni, al contrario, disinveste. Se Anversa non fosse un ottimo investimento e se davvero fossimo di fronte ad una crisi della raffinazione di portata storica, è fuori di dubbio che Exxon, cioè il primo gruppo petrolifero al mondo, non si avventurerebbe in un investimento così poco remunerativo e ad alto rischio;

rispetto alla situazione delle proprie dirette concorrenti, l’impressione che le raffinerie Eni non siano gestite in maniera adeguata, al punto da ottenere risultati assai modesti che vengono giustificati paventando l’esistenza di una crisi del settore di portata internazionale, appare ampiamente confermata.

La realtà dei fatti induce a ritenere, dunque, che la situazione rappresentata da Eni sia ben diversa e che i suoi vertici, purtroppo, stiano commettendo una serie di errori gravissimi.

E’ evidente, a questo punto, che il vero problema di Eni e della sua incapacità di rilancio e scarsa competitività risiede altrove, ovvero nelle decisioni miopi e inadeguate del suo management che finiranno per privare il Paese di un asset strategico, quello energetico, di vitale importanza con il rischio che l’Italia debba dipendere, sotto il profilo del proprio fabbisogno energetico, da altre potenze straniere;

ulteriore elemento di “opacità” è il rischio che  la riconversione della raffineria di Gela in bio raffineria possa celare l’interesse di alcuni “poteri forti” a speculare sul business delle bonifiche. Se gli impianti si fermano, infatti, è assai verosimile che qualcuno possa avere interesse ad approfittare dell’assegnazione di qualche centinaio di milioni di euro per i lavori di bonifica conseguenti alla riconversione;

si chiede di sapere:

alla luce di quanto esposto in premessa, se il Ministro interrogato non ritenga, per quanto di sua competenza, intervenire affinché Eni faccia conoscere il business plan, chiarendo quali siano i reali interessi in gioco che spingono la dirigenza a non essere per nulla trasparente, a cominciare dal fatto che le attività delle altre raffinerie siciliane procedono regolarmente mentre lo stabilimento di Gela procede a passo spedito verso un drastico dimensionamento produttivo;

se il Ministro interrogato ritenga di condividere o meno i piani della dirigenza Eni finalizzati ad una riconversione dello stabilimento di Gela obiettivamente anti-economica e in netta controtendenza rispetto alle strategie di sviluppo e investimento dei gruppi leader nella raffinazione a livello mondiale, come Exxon, ovvero la più grande società petrolifera al mondo, attualmente impegnata in un maxi investimento in Europa.

A. PAGANO

 

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