Contro ogni demente politica culturale è necessario animare la società con una fede che diventi cultura
Venerdì 26 Dicembre 2008 01:00
Ogni anno a Natale è sempre la solita storia, c'è sempre qualcuno che vuole passare protagonista. Ci riferiamo alla scelta degli asili di Ravenna che, 17 su 22, hanno proibito il presepe in classe.
La motivazione è sempre la stessa: la volontà di non offendere i bambini non cristiani, che poi vuol dire i bambini musulmani e che sono la netta minoranza tra gli iscritti degli asili ravennati. Niente "Tu scendi dalle stelle", niente "Astro del ciel" , niente recital natalizi, non parliamo poi di partecipare ad una Messa.
A percorrere questa scelta aberrante non sono stati solo i ravennati, già nel 2006 i grandi magazzini IKEA avevano deciso di non vendere presepi: "Siamo un azienda svedese e abbiamo in vendita tanti addobbi natalizi, ma presepi non vogliamo venderne perchè sono tipici della tradizione cattolica".
Nella ridente città romagnola i genitori sono insorti ma la decisione è stata irrevocabile: Gesù non ha avuto posto nella recita di Natale. Il bello è che anche i musulmani hanno protestato, evidentemente stufi di esser oggetto dell'indignazione generale e stanchi di fare da capro espiatorio delle scelte culturali fatte da chi odia il cristianesimo nel nome della peggiore tradizione razionalista, giacobina, comunista e relativista della nostra Italia.
"Il presepe non urta nessuno", ha detto Mustapha Toumi, segretario del Centro di cultura e studi islamici della Romagna, che ha aggiunto: "la natività è il simbolo che spiega la venuta al mondo di Gesù". Parole che sono una ovvietà se solo si conoscesse l'abc delle religione islamica per la quale Gesù non è l'incarnazione di Dio (come per i cristiani) ma è comunque un grande profeta, secondo solo a Maometto.
Quindi c'è una fetta minoritaria nel Paese, ma che è potentissima a livello culturale, politico e mediatico che vuole spazzare via il Cristianesimo dalla nostra quotidianità e dove l' Islam è solo il pretesto per giustificare questo furore ideologico. La prova definitiva ci viene "dalla festa di Ognissanti, altra festa cristiana ormai di fatto soppressa non per favorire la convivenze con altre religioni ma per sostituirla con una americanata come Halloween" (Michele Brambilla, Il Giornale, 21-12-08).
Pertanto se c'è il rischio reale dell'islamizzazione in Occidente, come ha denunciato Oriana Fallaci, ciò avverrà non perchè gli islamici ci avranno dominati ma perchè i traditori della nostra Identità ci avranno avvelenati. Ecco perchè in periodi come questi bisogna orgogliosamente tenere alto lo stendardo della testimonianza. Ce lo spiega con un esempio efficace Corrado Gnerre, docente di Storia delle Dottrine all'Università Europea di Roma, su l'Agenzia di notizie Zenit del 19 dicembre: "valorizzare il presepe è segno di un’ identità culturale che va manifestata pubblicamente: il cristianesimo non è fatto per rimanere confinato nell' intimo della nostra coscienza. La mentalità secolare di oggi tende, al contrario, a cancellare la valenza pubblica dell'esperienza cristiana e a trasformare il cristianesimo in un mito".
Inoltre il presepe secondo il prof.Gnerre, "può aiutare a recuperare «l'essenza dello sguardo». Guardare un oggetto infatti significa porre la propria intelligenza a confronto con la realtà che osserviamo. Lo sguardo aiuta a conoscere la realtà senza avere la pretesa di comprenderla integralmente, conservando l'elemento dello stupore, tipico della fanciullezza".
Ma al di là di queste considerazioni, reagire agli attacchi fatti alla nostra identità (cioè a noi stessi) è cosa di buon senso.
Ecco perchè gli auguri che quest'anno abbiamo formulato, a coloro che hanno l'amabilità e talvolta anche la pazienza di leggerci, contengono una frase di Giovanni Paolo II, spiegata dal grande Papa polacco a Loreto nel 1988 proprio per riprendere i nemici della Cristianità e gli amici (spesso anche blasonati) che giocano allo sfascio:
"Per una fede che diventi cultura ed animi la Società ". Buona meditazione e Buon Natale.
Alessandro Pagano
Domenico Bonvegna