

Il razzismo che non c'è
Mercoledì 15 Ottobre 2008 10:00
(guarda il video) - Quando si vedono quelle scene quotidiane sulle coste di Lampedusa con le motovedette della Marina Italiana che soccorrono quei poveri disperati che si aggrappano alle imbarcazioni, come si fa a dire che poi gli italiani sono razzisti?
La verità è che certi politici della sinistra sono ormai orfani di argomenti e si aggrappano a bugie tipo quella che l’Italia che governa è diventata razzista. In ciò cercano lo scontro politico, esercitano la dialettica brutale, alimentano la cultura dell’odio; in pratica tutti i vecchi clichè della politica vetero-progressista. L’onorevole Alfredo Mantovano, in un’intervista per commentare i recenti fatti di presunta violenza razzista, ha ricordato l’episodio di Verona quando, a dire di certa stampa, un giovane fu aggredito e ucciso da coetanei perché di pelle diversa. Se ricordate allora si gridò all’aggressione nazista, invece poi si scoprì che si trattava di un episodio di violenza brutale, senza alcuna motivazione ideologica. Con puntualità si ritrovano gli stessi titoli e gli stessi allarmi, ma sempre dalla stessa sinistra. Recentemente Giuseppe De Rita, direttore del Censis, intervenendo sul Corriere della Sera, ha scritto "della silenziosa integrazione di immigrati nelle fabbriche, nelle famiglie, nelle realtà locali". Addirittura il sociologo fa riferimento a un modello italiano di accoglienza e scrive: "Noi facciamo integrazione utilizzando anche inconsciamente le tre grandi componenti del modello italiano: facciamo integrazione nella piccola e piccolissima impresa dove gli immigrati trovano un clima relativamente sereno e parametri di responsabilizzazione personale tanto che non a caso, imitandoci, corrono anche l’avventura imprenditoriale; facciamo integrazione nelle famiglie, dove milioni di collaboratori domestici e di badanti entrano lentamente nella dinamica sociale quotidiana; facciamo integrazione nelle piccole città , nei paesi, nei borghi, dove milioni di immigrati trovano un alto tasso di socializzazione collettiva e sperimentano un adeguato tasso di controllo sociale". (Giuseppe De Rita, 6.10.08, Il Corriere della Sera).
Dunque è difficile parlare di una condizione di razzismo e di intolleranza, dal momento in cui tante famiglie italiane affidano i loro figli e i loro anziani a domestiche extracomunitarie, e dal momento che tanti ragazzi non italiani sono perfettamente integrati nelle nostre scuole. "Certo, ci sono degli episodi gravi che non vanno sottovalutati, ma bisogna chiedersi se si tratta di razzismo o di degrado morale".
E sull’episodio del pestaggio di un cinese da parte di alcuni adolescenti in una periferia romana, sempre il sottosegretario agli interni Mantovano chiude la questione cosi: "i comportamenti di questi minori piuttosto che per motivi razziali chiamano in causa un’emergenza educativa".
Forse a questo punto occorre coinvolgere la famiglia e giustificare di meno. Un tempo quando un figlio tornava a casa con un brutto voto, o quando faceva il bullo, si dava sempre ragione all’insegnante e i genitori gli davano la giusta punizione. Oggi invece c’è sempre una scusa per giustificare il "cocco di mamma". Se la sinistra vuole fare davvero fronte al fenomeno, piuttosto che sproloquiare si orienti alla cultura della Responsabilità e dell’Autorità .
Alessandro Pagano
Domenico Bonvegna