Sabato, 05 Ottobre 2024


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Per l'Iran, contro ogni dittatura

Sempre più persone cominciano a sperare che finalmente anche in Iran la dittatura abbia a finire.

Qualche settimana fa Lucia Annunziata su La Stampa descrivendo le manifestazioni dei sostenitori di Mousavi contro il dittatore Ahmadinejad, affermava "Esattamente come a Pechino, vent’anni fa i carri armati che ripulirono la piazza Tienanmen ufficializzarono agli occhi del mondo la debolezza del governo cinese, così a Teheran la repressione feroce di una ribellione contro l’esito elettorale rende visibili le crepe aperte nel governo di Ahmadinejad".

La storia quindi si ripete; ancora una volta come tante altre volte. Studenti e intellettuali, stanno sfidando il regime di Ahmadinejad che ha mandato in piazza la polizia ma soprattutto gli squadristi dei Bassiji, una specie di milizia paramilitare che opera in nome di una feroce utopia islamista.

Sono loro che hanno assassinato Neda, la ragazza simbolo stroncata da un proiettile sull’asfalto di Teheran. "I Bassiji credono, assolutamente, a quello che fanno. Uccidono Neda alle spalle, da pochi metri, perché questa è la loro missione, la loro utopia, perché sono convinti che nella vita di quella ragazzina si nasconde il Maligno. Volete capire cosa è successo in Germania negli anni trenta? Come e perché un ragazzo della Hitlerjugend si arruolava nelle SS, via via, sino a Auschwitz. Guardate a Teheran, guardate i Bassiji e i Pasdaran, giovani che uccidono perché credono sia giusto uccidere e avrete la risposta. Non sono squadracce prezzolate, non sono cani da guardia di un regime di notabili; sono rivoluzionari, credono in Ahmadinejad e nel suo programma di morte, sono antisemiti, sono certi che l’Olocausto sia un’invenzione degli ebrei per calpestare i diritti dell’Islam, esattamente come i giovani hitleriani erano sicuri che era giusto uccidere gli ebrei che calpestavano i diritti degli ariani". (Carlo Panella, I Bassiji, nuovi squadristi in nome di una feroce utopia islamista, 22.6.09 Legnostorto).

In qualunque caso l’Occidente deve sapere che il leader dell’opposizione Mir Hossein Mousavi, il principale antagonista di Ahmadinejad, è comunque anche lui figlio di quel sistema. Per esempio, a proposito del «diritto» dell’Iran ad avere la bomba atomica, le sue posizioni non differiscono poi tanto da quelle del presidente Ahmadinejad. Anche sulle tesi che negano l’olocausto degli Ebrei della 2^ guerra mondiale Mousavi la pensa su per giù come Ahmadinejad.

Quindi le cose in Iran sono complesse indipendentemente da chi uscirà vincitore. Però è chiaro che c’è un desiderio di cambiamento avvertito da una percentuale maggioritaria della società iraniana. Gli elettori pronti a sfidare i paramilitari delle milizie... Le donne che reclamano l’uguaglianza dei diritti... I giovani, collegati in permanenza a Internet, che hanno trasformato Facebook, e il sito «I love Iran» nel teatro di una guerriglia ludica ed efficace... I conducenti di taxi, araldi della libertà di espressione... Gli intellettuali... I disoccupati... I mercanti dei bazar, in rotta contro un governo che li manda in rovina... In breve, i ribelli contro gli imbroglioni. I blogger e i burloni contro i sepolcri imbiancati dell’apparato militare islamista. Tutti costoro hanno votato per Mousavi. Ma senza farsi illusioni. Sono come i polacchi di Solidarnosc, nella Polonia comunista, i quali negli ultimi anni di quel regime intorno alla metà degli anni ‘80 tenevano a freno consapevolmente la loro rivoluzione votando il meno peggio e sperando di vedere quel regime autodistruggersi e sparire.

Per riassumere, noi in Occidente abbiamo un obbligo chiaro: aiutare e rafforzare, con tutti i nostri mezzi, la società civile iraniana in rivolta. E’ già avvenuto in passato con l’Unione sovietica e oggi una partita analoga si sta giocando contro la Cina capital-comunista. Abbiamo finalmente compreso, dopo decenni di vigliaccheria, che il totalitarismo traeva la sua forza esclusivamente dalle debolezze dell’Occidente. Poi pian piano è cominciata la reazione: una solidarietà sottile è iniziata verso coloro che venivano definiti da quei regimi "dissidenti". In Iran oggi esiste l’equivalente di quei dissidenti che sono, come apprendiamo, infinitamente più numerosi. A costoro oggi deve andare il nostro sostegno e il nostro incoraggiamento non fosse altro per evitare che Ahmadinejad con le sue bombe atomiche e con il suo neo-nazismo di tipo islamico ci faccia ricadere nella barbarie.

Alessandro Pagano

Domenico Bonvegna

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