A 20 anni dalla strage di Tienanmen. Il nostro ricordo ai martiri che lottarono per la libertà e la pace in Cina
Sabato 13 Giugno 2009 01:00
Si celebra in questi giorni il 20° anniversario della strage di Piazza Tienanmen.
In quei giorni di caldo e afoso giugno gli studenti universitari di Pechino che chiedevano più democrazia e cibo, (ormai nelle mense non si mangiava più) furono massacrati dall’esercito cinese. La polizia di Pechino infatti si rifiutò di sparare sugli studenti inermi e per compiere quel massacro il PCC (Partito Comunista Cinese) inviò militari da altre regioni, che pare furono anche drogati per fare il criminale servizio.
Gli aguzzini utilizzarono carri armati, gas lacrimogeni, armi automatiche e lunghi coltelli; si sparava a chiunque, l’ordine del Partito era infatti di fare piazza pulita e di sgomberare la piazza.
La Piazza Tienanmen quella sera fu bloccata dall’esercito; le migliaia di studenti presenti nella piazza non ebbero vie d’uscita e per cercare di sfuggire alla mattanza perpetrata dai carri armati andavano avanti e indietro. I carri armati, in pratica passarono anche sopra le tende dove stavano molti studenti accampati, affamati e disidratati. Le vittime non furono 2.600 come dissero le fonti governative ma almeno il triplo. Padre Politi, direttore di Mondo e Missione racconta che sotto Piazza Tienanmen esiste una città nascosta, piena di palazzi, uffici, dove sta la numenklatura del PCC. Addirittura sottoterra ci sono grandi autostrade, pronte per fare uscire i capi comunisti che tra l’altro non girano mai per la città . Quel 3 giugno i carri armati che fecero la mattanza uscirono da sotto la piazza. Chai Ling, una dei leader degli studenti del 1989 e che è riuscita a fuggire in clandestinità , ha raccontato la scena del massacro. Il suo è un racconto drammatico che dovrebbe essere narrato in ogni emittente e che si può leggere sul sito del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere):
"alle 21, tutti gli studenti nella piazza alzarono la mano destra e giurarono: .
Alle 22 venne fondata l’Università della Democrazia. Il nostro vice-comandante, Zhang Boli, divenne il rettore dell'università . Molta gente inviò le proprie congratulazioni. L'università venne fondata a fianco della Statua della Democrazia.
Mentre noi applaudivamo, tuttavia, il viale Changan era già pieno di sangue. Sparavano a chiunque gridasse uno slogan o tenesse in mano un sasso. Gran parte della gente perdeva sangue dal petto. Tutti gli studenti che ritornavano nella piazza erano ricoperti del sangue dei feriti".
Vent'anni fa quindi gli studenti di Pechino chiesero pacificamente un cambiamento.
È un crimine volere un governo senza corruzione, più libertà e giustizia?
A fronte di ciò molti benpensanti, anche cattolici, hanno dichiarato: "È tempo di guardare oltre. La repressione era necessaria per la stabilità di quel Paese".
Ma è davvero cosi? Possiamo far finta che non sia successo niente? Come può un crimine così orrendo essere «utile»? No, quel massacro non fu affatto inevitabile e non ha portato nulla di buono – afferma il Vescovo cinese monsignor Zen. Se le pacifiche richieste degli studenti e dei lavoratori fossero state ascoltate, se avesse prevalso la linea del dialogo di Zhao Zhiyang - il leader che scese tra gli studenti e fu poi detenuto fino alla sua morte -, la storia di questi ultimi vent'anni sarebbe stata assai migliore per il nostro popolo.
A 20 anni da quell’eccidio la speranza è che il sangue dei martiri di Tienanmen possa irrigare il suolo della Cina e far fiorire una primavera di libertà , giustizia e pace.
Alessandro Pagano
Domenico Bonvegna