E' finito anche quest'anno scolastico e l'educazione rimane il vero problema della scuola italiana
Sabato 30 Maggio 2009 01:00
E’ finito anche l’anno scolastico 2008/2009 e ancora una volta da parte di tutti (genitori, insegnanti, figli…) emerge forte il bisogno che venga trattato l’argomento "educazione" visto che tanta preoccupazione desta nelle famiglie italiane.
Scrive Francesco Agnoli che Educare è condurre da qualcosa verso qualcos’altro, o se si vuole, condurre da una storia, da un passato, da una tradizione, verso un futuro.
Invece da tempo passa il messaggio che non vi sia nulla di buono nella storia che ci ha preceduto, e che quindi nulla dobbiamo attingere dalla nostra tradizione. Diventa sempre più difficile sapere da dove veniamo e dove andiamo. "Perché vi sia educazione, occorre avere una certa idea dell’uomo: occorre che l’insegnante faccia comprendere ai suoi ragazzi che la verità e il Bene esistono!" (Francesco Agnoli, Desiderio di verità e di bene, aprile 2009 Il Timone).
Ma come si fa a far passare questo semplice messaggio se di fatto, tra il mondo degli adulti e quello giovanile, c’è in atto una sorta di black-out? L’educazione non è un atto automatico, non è una trasmissione meccanica che si realizza da un essere ad un altro. Niente da fare! Per educare bisogna essere in due, chi trasmette e chi riceve, e che sia chiaro una cosa: il problema non sono i giovani, che sin dalla notte dei tempi attraversano (ci siamo passati tutti) una fase della loro vita che è fatta anche di contestazione; il problema sono gli adulti che hanno delegato ai mass-media il loro ruolo educativo.
Ma intanto ogni giovane ha bisogno di sapere perché vive. E se non riceve risposta se le va a trovare dovunque, anche nei supermarket mediatici. Quando nel 2007 l’ispettore di polizia Filippo Raciti fu ucciso da tifosi in una partita di calcio, gli studenti del Liceo Classico "Spedalieri" di Catania, il più importante della città, scrissero una lettera aperta sul quotidiano più diffuso dell’Isola chiedendo ai loro Prof quali fossero le ragioni per cui valesse la pena vivere. Già la domanda posta con tale risalto pubblico faceva capire come i ragazzi avevano capito tutto, e infatti la risposta fu tanto pubblica quanto allucinante: "i professori non sono pagati per dare un senso alla vita, ognuno se lo cerca a modo suo, ma ad impartire nozioni". Parola più, parola meno questo fu questo ciò che sottoscrissero un centinaio di bravi professori, preside compreso.
Bravi forse tecnicamente, ma di certo disastrosi pedagogicamente. Quei professori, che sono in media con tutti gli altri docenti italiani erano (e sono) figli di un relativismo etico talmente forte al punto da snobbare con arroganza quella richiesta di SOS che una generazione lanciava all’altra.
E così, mentre i ragazzi oggi chiedono Valori, gli adulti rispondono facendo spallucce. Questa è la fotografia non solo della scuola italiana ma addirittura di una buona parte della società italiana. Questa è la cosiddetta Modernità.
"C’è una incomunicabilità per assenza di valori vissuti, che incontra una realtà giovanile o inerte o delusa perché si aspetterebbe quello che invece non riceve", continua Agnoli.
E purtroppo questa incomunicabilità avviene tanto a scuola, quanto in famiglia .
Al contrario di ciò che pensano questi sapientoni invece "la cultura di un insegnante non è soprattutto ciò che sa, come ci ha insegnato Giovanni Paolo II, ma la cultura di è ciò che si è".
Ai molti insegnanti e a tutti i papà e le mamme che con amabilità ci leggono, tenere a mente questo obiettivo è di certo cosa buona e giusta!
Alessandro Pagano