Mercoledì, 04 Dicembre 2024


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Vivere al confine di Gaza. La mia cronaca di 3 giorni vissuti là dove l'occidente rischia di perdere la libertà

Sono stato in Israele per 3 giorni, al confine con la Striscia di Gaza, in missione come osservatore per conto del PDL e assieme ad uno stimato collega del PD, l’On. Gianni Vernetti.

Vi voglio raccontare le mie impressioni, le mie emozioni e il mio stato d'animo per farvi capire che cosa si prova a visitare i luoghi dove in questo momento gli occhi del mondo sono puntati.

La guerra, come sapete, per il momento è finita. Israele unilateralmente ha offerto la tregua e si è ritirata dai territori palestinesi dopo aver inferto una dura lezione militare ad Hamas. Una lezione che i terroristi ricorderanno a lungo, anche se difficilmente cambieranno il loro atteggiamento tant'è che, appena è iniziata la tregua, hanno gambizzato, cavato gli occhi, torturato e ucciso molti palestinesi moderati perchè colpevoli di ricercare la pace con Israele.

Ma torniamo alla cronaca. Arriviamo martedì 20 gennaio ad Ashkelon, nel sud d'Israele e in albergo ci danno le istruzioni nel caso di attacco missilistico: " i rifugi sono nei piani 1, 4, 5 e 6 ma anche le scale, dicono le note, sono ben protette. Se invece si è fuori bisogna distendersi per terra con le mani a protezione della testa ". Come inizio non c’è male!

Anche la visita della casa municipale di Ashkelon ricalca le prime impressioni. La stanza del Sindaco e del suo staff è in un sotterraneo disadorno in cemento armato. D’altronde in quale altro modo si potrebbe gestire un comune di 120.000 abitanti quando negli ultimi anni sono piovuti migliaia di missili in tutta l’area? Per tutti voi che leggete, sappiate che ogni volta che da Gaza viene lanciato un razzo, una sirena avverte la popolazione israeliana e da quel momento i civili hanno solo 30’’ (avete letto bene, 30 secondi) per rifugiarsi nei sotterranei.

I bambini ormai non vanno a scuola con regolarità da anni. Cinque scuole sono state colpite e se le vittime sono state appena una decina è solo perché i sistemi di sicurezza e protezione sono eccezionali, ma i danni economici e psicologici sono incalcolabili.

Quasi nessuno però è emigrato, perché ciò significherebbe darla vinta ai terroristi. Questa è gente con gli attributi, ma il prezzo pagato è stato altissimo. A Sderot (3 km da Gaza city) su 6500 abitanti, quasi 5000 sono stati in cura dagli psicologi.

E chi si sorprende di questa notizia, provi ad immaginare sulla propria pelle cosa significhi passare anni e anni con le sirene che suonano, e migliaia di Qassam che ti scoppiano a due passi da te distruggendo case e affetti. Eppure quanto amore ho colto nel popolo Israeliano! Per strada la gente ti sorride, non ha perso l'ottimismo, nè la speranza per un futuro migliore.

Nella ridente città di Beer-Sheva ho visitato l’ospedale Soroka, uno fra i più belli ed efficienti che abbia mai visto in vita mia; ho visto centinaia di arabi (palestinesi e beduini) utilizzare la struttura con una naturalezza sorprendente. La professionalità e l’amore che medici e infermieri israeliani davano loro è da esempio per tanti nostri operatori sanitari che invece la parola Amore l'hanno cancellata dal loro vocabolario. Nessun sentimento diverso dalla solidarietà più autentica e generosa ho visto in loro.

In un altro incontro facciamo visita ad un Moshav (fattoria autogestita, ndr) nella regione del Negev, in pieno deserto e a pochissimi chilometri da Gaza. Vi operano 50 volontari, tutti sotto i 25 anni, che lavorano ad un progetto denominato Ayalim e da loro stessi concepito. Il progetto, mira a popolare il deserto trasformandolo in terre fertili e città ricche. Contemporaneamente gli stessi giovani, che sono le classi dirigenti future, si stanno forgiando, non solo studiando ma anche coltivando in loro stessi un alto senso di responsabilità. Pensateci un attimo! Esattamente il modello pedagogico opposto a quello italiano, che invece da anni ha smesso di investire sulle aree deboli del nostro Paese e che sta allevando una generazione futura che qualcuno ha già definito di bamboccioni

Chiudiamo giovedì incontrando il Presidente della Repubblica Israeliana Shimon Peres, alla presenza dell’ambasciatore italiano in Israele Luigi Mattiolo, dell'ex ambasciatore israeliano in Italia, il mitico Avi Pazner e dei rappresentanti della comunità ebraica italiana. Ho l’onore e il privilegio di parlare in nome e per conto del gruppo PDL della Camera. Nel mio breve discorso ricordo che nessuno può rinunciare alla difesa degli inermi, men che meno le Pubbliche Autorità che della protezione dei propri popoli e dei deboli trovano la loro ragion d'essere, ciò anche se questo può, con dolore, costare l'uso delle armi. La legittima difesa, fondata sulla verità e sulla giustizia infatti, è un diritto inviolabile e inalienabile. Concludo il mio discorso ringraziando il Presidente per quanto sta facendo Israele per la libertà del mondo; senza di loro oggi il terrorismo internazionale avrebbe invaso l’Occidente.

Il Presidente Shimon Perez ci risponde con un discorso tanto intenso quanto commovente: "Molti, nel mondo, non capiscono le ragioni di Israele, ma Israele non capisce perchè questi molti non comprendano. Cosa vuole Hamas? Cosa propone? Quindicimila coloni israeliani - spiega,- si ritirarono unilateralmente dalla Striscia di Gaza nel 2005. Lasciarono Gaza per decisione di Israele. Furono investiti miliardi dalla comunità internazionale. La Striscia era libera, così come i suoi valichi. Io stesso ho pensato che fosse una cosa giusta. E cosa e' successo dopo? E' stato costruito un sistema sotterraneo dove far passare le armi. Hamas e' giunta a lanciare missili contro di noi." Il Presidente ha continuato ricordando la presenza nefasta dell'Iran, che vuole controllare il Medio Oriente per mezzo delle " sue succursali terroristiche " Hamas ed Hezbollah. Sul conflitto ha sottolineato poi le modalità usate: gli avvisi dell'esercito israeliano ai civili mediante telefonate e biglietti. Le precauzioni per evitare quante più vittime possibili tra i civili. Il tutto esattamente al contrario di Hamas che invece i bambini e le donne li ha usati come scudi umani. "Abbiamo atteso - ha aggiunto Peres - ben otto anni prima di reagire ". E ha concluso il suo discorso ricordando la posizione dei Paesi arabi moderati, come l'Egitto, che ha condannato Hamas riconoscendo le sacrosante ragioni di Israele.

Delle sue parole capisco la grandezza di questo popolo e la sua capacità di resistere alle difficoltà, anche le più inaudite.

Sulla strada del ritorno penso a tutto quello che ho visto e capisco che l'Occidente non deve cedere, che deve continuare a difendere le proprie radici, la propria storia, la propria identità e la propria libertà. Penso che anche se in Italia le difficoltà che stiamo vivendo sono notevoli, Israele ci sta insegnando, giorno dopo giorno, che tutto si può superare se i grandi ideali sono la ragione della propria vita, sia essa individuale, sia essa come popolo.

....E alla fine penso che i miracoli di cambiare le cose si possono realizzare. Mi aiuta in questo mio pensiero, Ben Gurion che fu il Padre fondatore dello Stato di Israele: "Un popolo che non crede nei miracoli, non è un popolo realistico! "

Alessandro Pagano
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