Il "politicamente corretto" di Giorgio Napolitano, ovvero l'inutile discorso di fine anno
Sabato 10 Gennaio 2009 01:00
Ogni 31 dicembre con una puntualità svizzera il Presidente della nostra Repubblica fa un inutile discorso di fine anno e sempre con gli stessi contenuti: la sacralità della Carta Costituzionale, le riforme condivise, la pace a qualunque costo, il valore dell’Europa, bla, bla, bla.
Poi, come ogni anno, il giorno successivo ci sono i soliti plausi dei politici, sia di maggioranza che di minoranza, che santificano il "politicamente corretto" e parlano per parlare perché tanto sanno che nulla cambierà.
Gli italiani in un momento di difficoltà come questo si aspettavano ben altri contenuti e probabilmente se il Presidente della Repubblica fosse ancora Francesco Cossiga, specialmente quello dell’ultimo periodo, il discorso sarebbe stato di ben altra pasta. Ma cosa si aspettava l’italiano medio? Ci ha provato a fare qualche ipotesi Milton, che sull’Occidentale del 2 gennaio, sulla pace ha detto: "sul Medio Oriente basterebbe citare l’articolo 7 della carta costitutiva di Hamas: l’ultimo giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno". Il che tradotto concretamente significa che Hamas è un gruppo terroristico che vuole la distruzione d’Israele e che sta riducendo alla fame i Palestinesi della Striscia di Gaza. Significa che Hamas utilizza donne, bambini e cittadini inermi quali scudi umani per le proprie azioni terroristiche. Significa che cibo e medicine autorizzate per soccorsi umanitari finiscono alle truppe di Hamas (Corriere della Sera, 07 gennaio 2009). Significa che la pace non è realistica fin quando i regimi d’Iran e Siria continueranno a rifornire di armi Hamas ed Hezbollah e l’Occidente farà finta di niente. Significa infine che Israele ha il diritto a difendersi e che il decisionismo contro il terrorismo deve essere assoluto (l’allusione alla passeggiata di D’Alema con gli esponenti di Hamas e dei pacifisti a senso unico non è casuale).
In compenso sul tema della crisi economica, Napolitano non ha pronunciato le uniche parole determinanti in questo momento: ottimismo, fiducia e ritorno alla laboriosità, quali valori indispensabili per una vera rinascita sociale.
Comunque sia, Napolitano ha detto cose tipo quelle che si scambiano in ascensore i vicini di casa che a malapena si conoscono.
E infatti le reazioni sono state tipo quella di Antonio Di Pietro che dice di essere «pronto e disponibile» ad accogliere l’invito di Napoletano al dialogo, ma che in Parlamento urla e offende il leader del PDL al punto di far imbarazzare pure quelli del suo partito, o del leader della Cgil, Guglielmo Epifani, che ha fatto sapere di aver apprezzato il riferimento di Napolitano ai lavoratori in difficoltà ma che prove alla mano è il sindacato che difende solo i lavoratori ipergarantiti, guarda caso i più sindacalizzati, a scapito di quelli che perdono il posto perché certe tutele non le hanno.
E allora a che serve questa manfrina del "politicamente corretto".
Oggi questo Paese esige ogni giorno di più giustizia, decisionismo e risoluzione dei problemi e che poi alcuni dei salotti snob tutto ciò lo chiamino "politicamente scorretto", alla gente comune cosa importa?
Alessandro Pagano
Domenico Bonvegna
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